Banda dell'abbraccio, oltre 100 colpi: ecco la tecnica studiata per sparire

MESTRE - Le denunce, in caserma, arrivavano anche a cinque giorni di distanza dal momento del colpo. Non per vergogna, in questo caso, ma perché le vittime, quasi sempre...

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MESTRE - Le denunce, in caserma, arrivavano anche a cinque giorni di distanza dal momento del colpo. Non per vergogna, in questo caso, ma perché le vittime, quasi sempre anziani, si rendevano conto di essere stati derubati solo diverso tempo dopo. Le ladre, professioniste della tecnica dell'abbraccio, erano talmente rapide ed efficaci da non destare alcun sospetto. Solo in un secondo momento realizzavano di non avere più il Rolex al polso o la catenina d'oro al collo. Anche questo motivo, l'indagine dei carabinieri è stata particolarmente complicata per ricostruire l'operato di questo commando criminale, capace di accumulare oltre due milioni di euro all'anno in oltre un centinaio di colpi (furti con destrezza, nella maggior parte di casi, degenerati però in rapina in alcuni episodi) messi a segno tra tutto il centro nord Italia e la Spagna. 

GLI ALBERGHI Le bande operavano, solitamente, in batterie di dieci persone. Tre, quattro auto a spedizione, intercambiabili, per confondere eventuali inseguitori. In una giornata erano in grado di accumulare tre o quattro furti, a distanza di chilometri di distanza. Poi, i ladri si nascondevano in B&b o piccoli alberghi. Mentre le donne avevano il compito di mettere a segno il furto, gli uomini dovevano guidare e prenotare le stanze, fornire i documenti e pagare. Lo facevano soprattutto quando si sentivano pedinati dai carabinieri: cercavano zone di campagna, distanti dai centri, per cercare di passare inosservati. Proprio però i registri di quegli alberghi e b&b si sono rivelati fondamentali per risalire agli indagati. 
Quei dieci giovani, si è scoperto, appartengono a clan differenti di quella zona della Romania. Clan rom, che di stanziale avevano solo quelle ville enormi in stile Casamonica. 

VITTIME E BOTTINO Le vittime erano sempre anziani. Se indossavano gioielli erano soli diventavano automaticamente un bersaglio. Che fine facevano i gioielli rubati? Secondo gli investigatori, venivano portati in Turchia, dove entravano in un giro di ricettazione che garantiva vendite facili e veloci. «Sarà proprio su questo che ci concentreremo nella prossima fase dell'inchiesta - spiega il maggiore Emanuele Leuzzi, comandante del nucleo investigativo lagunare - recuperare la refurtiva non sarà facile, ma ci proveremo». Un'operazione mastodontica, come sottolinea anche il funzionario dell'Europol e maggiore della gendarmerie francese Pascal Lhotellier, ieri presente alla conferenza stampa dei carabinieri nella caserma di via Miranese: «Si tratta del sequestro di auto più enorme della storia legato a questa tipologia di reati, come Europol siamo orgogliosi di aver potuto contribuire a un risultato simile». Soddisfatto anche il comandante provinciale Claudio Lunardo: «La loro ricerca del più debole è da vigliacchi, da Caino. Non devono più tornare in Italia, per questo motivo chiederemo al ministero dell'interno un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale italiano per motivi di ordine pubblico e sicurezza». Anche la prevenzione dovrà avere un ruolo fondamentale: in molti casi, in effetti, la leggerezza di certi atteggiamenti ha agevolato l'opera dei criminali. «Ci sono delle accortezze che è bene seguire per evitare di finire nel mirino di banditi di questo genere - aggiunge il tenente colonnello Emanuele Spiller, comandante del reparto operativo dei carabinieri di Venezia - la più semplice è di lasciare a casa gioielli almeno quando si esce da soli».
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Il Gazzettino