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VENEZIA - Dalla stazione ferroviaria al ponte dell'Anconeta, che immette in Strada Nuova, si contano una ventina di bancarelle. La direttrice più importante di Venezia, dopo la realizzazione del ponte della Costituzione, viene sfruttata al meglio da questi banchi, che alla sera vengono spinti a braccia dentro ai magazzini. Vendono un po' di tutto: cappelli estivi, articoli veneziani, magliette. Ma all'occorrenza la merceologia cambia come il tempo atmosferico, e saltano fuori ombrelli, impermeabili di plastica o stivali, sempre in plastica.
Dei venti banchetti, solo uno è gestito da un veneziano; gli altri sono tutti provenienti dal Bangladesh, per la maggior parte in affitto da veneziani. «Per forza - racconta qualcuno del posto, che ha gestito in passato una bancarella -. Dieci anni fa era ancora remunerativo, poi ha inciso molto la crisi economica internazionale, così, sentendo puzza di bruciato, i veneziani si sono dati da fare per affittare o cedere, e i bengalesi si sono presentati in massa. Eravamo arrivati al punto che i clienti chiedevano lo sconto per un portachiavi da un euro e mezzo, peraltro con una maleducazione crescente. Non si facevano più affari e i tempi d'oro erano finiti. Così meglio affittare ed essere sicuri di una cifra fissa mensile, senza dannarsi l'anima con pensieri e preoccupazioni. Alcuni si fanno fare il bonifico per la Thailandia o l'Africa, dove sono andati a vivere da signori, visto il medio reddito che c'è in questi Paesi».
Bancarella di souvenir comprata
Uno di questi banchetti, tra il ponte degli Scalzi e il ristorante Roma è di Raman, 38 anni. La bancarella è proprio sua, l'ha comprata, come la casa dove risiede a Mogliano. Studiava Economia e Commercio all'università della capitale, ma non ha potuto finire gli studi: «In Bangladesh l'università costa molto», spiega in buon italiano. Oddio, neanche la bancarella gli deve essere costata poco, dal momento che l'anziano proprietario veneziano, scomparso due anni fa per Covid, aveva iniziato a proporla per 300mila euro. Poco dopo, offrendola a Paolo, il precedente gestore veneziano, era già sceso a 150mila. «Una cifra altissima - racconta Paolo - Tuttavia anche se avessi avuto i soldi, non l'avrei mai comprata. Non sono i tempi giusti per operazioni del genere, e si guadagna pochissimo, certo molto meno di anni fa». «Sono venuto in Italia nel 2018 - prosegue Raman - perché mio fratello era già qui e mi ha detto che c'era da lavorare e da guadagnare. Prima ho lavorato in una mensa e poi ho preso questo banchetto». Tutto il giorno lo vede lì, accanto alla rivendita, qualunque tempo faccia, e l'unica comodità è una sedia pieghevole. «Paolo e la persona che mi ha venduto la bancarella sono gente buona - commenta - belle persone». Chiediamo a Raman se sa delle nuove norme comunali, di ciò che significa paccottiglia, di quello che si può vendere o lasciare in magazzino. «Sì, so cos'è la paccottiglia - risponde sicuro - ma io ho la licenza. Poi ho famiglia e devo per forza osservare le regole». Gli spieghiamo che la licenza in regola non c'entra con la merceologia che vende. Ci guarda con occhi vacui, poi sorride e ribadisce: «Io sono in regola». Oltre il ponte delle Guglie ci sono altri bengalesi, tutti in affitto. Le regole? «Solo sentito dire da altri commercianti - rispondono - Noi non abbiamo letto niente. Casomai chiederemo a chi ci fa i conti. Da noi non è venuto nessuno a spiegarci, a dirci cosa fare. Semmai ci penserà il proprietario, se la cosa lo riguarda.
Il Gazzettino