ROMA - Il crinale sul quale cammina il destino delle banche (italiane in generale, venete in particolare) si sta assottigliando sempre di più sotto i colpi...
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La motivazione della Ue è chiara: le due banche assommano 18,7 miliardi di Npl, che sono stati valutati ma - secondo Bruxelles - non a sufficienza. Il paradosso è che l’ulteriore svalutazione è dovuta al fatto che la stessa Ue pretende che gli Npl vengano ceduti al più presto, e come conseguenza nel momento in cui le banche sono “costrette” a vendere il prezzo non lo fanno loro, ma i potenziali acquirenti. Che, paradosso nel paradosso, sono molti perché si tratta di Npl molto “appetibili”, sui quali realizzare ingenti guadagni con probabilità molto alte. In altri termini, il valore delle banche scende ulteriormente perché l’Ue costringe a svenderne una parte; e la stessa Ue impone quindi ulteriori iniezioni ma scegliendo anche chi deve immetterle. E qui la scelta si restringe, considerando che un ulteriore intervento di Atlante appare, al momento, remoto.
Un messaggio chiaro è venuto dalla responsabile della vigilanza bancaria europea, Daniele Nouy: «In tutti i paesi dell’area ci sono tre categorie di banche: quelle che stanno facendo bene, quelle che non stanno facendo così bene ma che sono determinate in maniera coraggiosa ad affrontare i loro problemi e altre che lo stanno negando e devono cambiare per migliorare. Anche di recente abbiamo visto esempi di banche che hanno venduto asset non-performing e che si sono rivolte al mercato per chiedere capitale aggiuntivo». Il riferimento è ad esempio a Deutsche Bank, che ora ha come principale azionista un fondo cinese. Soluzione che trova molti favori in alcuni ambienti europei, molto meno in Italia.È chiaro che così la trattativa - come ha ammesso la Vestager - rallenta, proprio quando tempo da perdere ce n’è sempre meno. La “caccia” ai privati che possano immettere questo nuovo miliardo è partita, ma non sarà facile: «Credo che il sistema bancario italiano abbia già pagato molto - ha spiegato ad esempio l’ad di Bper, Alessandro Vandelli in riferimento a un ipotetico intervento del Fondo Interbancario - per cercare di sostenere le situazioni di difficoltà che ci sono nel Paese; credo francamente che sia molto difficile andare a trovare nuovi spazi». Vandelli ha ricordato che «non ci sono stati soltanto l’intervento e i versamenti che abbiamo fatto nei diversi fondi, ma anche gli investimenti in Atlante». E a proposito degli Npl, la sua posizione riassume quella dei principali banchieri: «Oggi lo scenario che abbiamo davanti è che nelle cessioni chi ci guadagna è più chi compra rispetto a quelli che stanno vendendo».
Lo spettro del bail in quindi riappare sullo sfondo nonostante i miliardi persi e quelli versati. E su questo punto il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha ribadito l’opinione dei banchieri italiani: «Il bail in contrasta con l’articolo 47 della Costituzione italiana che tutela il risparmio. L’impasse sta costando cara agli istituti coinvolti. Malgrado la fuga dei depositi delle banche coinvolte si sia in qualche modo arginata, la situazione è in stallo e i piani di rilancio non sono partiti». Ma oltre alla richiesta di Bruxelles di coinvolgere i privati (e affrontare il tema del costo del lavoro, quindi gli esuberi) da Francoforte la linea resta quella di spingere sulle cessioni degli Npl: ignorando la “resistenza” per non svendere i crediti sia da parte di Banca d’Italia che della Consob . Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino