Crac da 36 milioni nella gestione di un centro commerciale: 9 indagati, 7 arresti

PADOVA - I finanzieri del comando provinciale di Padova, a conclusione di un’articolata indagine delegata dalla Procura della Repubblica di Rovigo - riguardante le...

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PADOVA - I finanzieri del comando provinciale di Padova, a conclusione di un’articolata indagine delegata dalla Procura della Repubblica di Rovigo - riguardante le vicende  societarie che hanno coinvolto i gestori di due centri commerciali, uno a Borgo Veneto, nel Padovano, l'altro a Capena, alle porte di Roma - hanno dato esecuzione, nelle province di Roma e Brescia, a un’ordinanza nei confronti di nove soggetti indagati per i reati di bancarotta fraudolenta societaria, patrimoniale e documentale, per frode fiscale e per plurime condotte di autoriciclaggio, emessa dal Gip Pietro Mondaini, su richiesta del Pm Andrea Bigiarini, titolare delle indagini. 

SEI IMPRENDITORI, UN BANCARIO

E' stata disposta la custodia cautelare nei confronti di sette indagati, sei imprenditori e un direttore di banca, di cui quattro tradotti in carcere e tre sottoposti agli arresti  domiciliari, ed è stato posto il divieto di esercizio dell’attività professionale e  imprenditoriale nei riguardi degli altri due, specificamente un architetto e un altro lavoratore autonomo. Sono stati eseguiti, inoltre, i sequestri preventivi di disponibilità finanziarie, ammontanti a oltre 2 milioni di euro, presenti su 63 conti correnti, intestati a tre degli indagati, responsabili, tra l’altro, di reati tributari, e a 7 imprese compiacenti, beneficiarie delle distrazioni operate dalla società padovana fallita. Le investigazioni, inizialmente svolte dai militari della compagnia di Este sotto la direzione dell’autorità giudiziaria capitolina per le vicende del centro commerciale di Capena, sono state avviate, parallelamente, dalla Procura della Repubblica di Rovigo, quando si è rilevato che si era di fronte a un sistematico e rilevante depauperamento dei patrimoni aziendali.

FALLIMENTI IN SERIE

In questo modo, sostiene la Gdf, è stata causata una serie di fallimenti, l’ultimo dei quali nel centro padovano, con un passivo di oltre 36 milioni di euro. Al fine di consentire la continuità aziendale, gli imprenditori coinvolti si sono
avvalsi, da un lato, di perizie “gonfiate”, realizzate da un professionista compiacente per mascherare lo stato di insolvenza e di dissesto che si era generato, e, dall’altro, della collaborazione di un direttore di banca, che, sottraendosi agli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio, ha consentito ai gestori delle imprese commerciali di distrarre rilevanti somme di denaro, veicolandole all’interno di società costituite ad hoc, utilizzate quali “casseforti” per il perseguimento di fini e interessi personali. Già nella fase “romana” delle indagini, i finanzieri di Este avevano eseguito, nel corso del mese di giugno 2019, tre misure di custodia cautelare in carcere nei confronti degli amministratori di fatto e di diritto delle società coinvolte, sottoponendo a vincolo 6,8 milioni di euro circa, frutto di reati fallimentari e di autoriciclaggio.

AUTO DI LUSSO E FABBRICATI

Nella tranche di indagini coordinata dalla Procura rodigina, inoltre, all’indomani del sequestro di beni per oltre 1 milione di euro dello scorso mese di luglio - tra cui 5 autovetture di lusso, 3 fabbricati e le quote sociali di 2 società di capitali - pari all’imposta sul valore aggiunto evasa con l’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti, sono emersi precisi indizi di colpevolezza nei confronti degli amministratori, dei soggetti compiacenti e dei professionisti che li hanno assistiti. In particolare, è stato accertato che l’organizzazione, tutt’altro che fuori dai giochi, era in procinto di acquisire, con le consolidate modalità riscontrate durante le indagini, altri centri commerciali dislocati sull’intero territorio nazionale, facendo anche ricorso a contributi erogati per far fronte all’emergenza sanitaria in atto attraverso imprese riconducibili alla compagine criminale. Oltre al pericolo di reiterazione dei reati, l’autorità giudiziaria ha ravvisato anche la sussistenza del rischio d’inquinamento probatorio, essendosi gli indagati prodigati a distruggere varie fonti di prova e a falsificare, tra l’altro, i contratti di leasing di alcune autovetture sequestrate, stampandoli proprio in prossimità degli Uffici del Tribunale di Rovigo, organo deputato a pronunciarsi in ordine al mantenimento del vincolo reale. 

Impedire agli interessi criminali di far ingresso nell’economia legale e salvaguardare, nel contempo, le regole della concorrenza e del mercato sono i principali obiettivi dell’azione della Guardia di Finanza nella lotta al crimine economico finanziario, anche di tipo organizzato, tanto più in questo periodo di particolare emergenza, ove gli effetti negativi prodotti dagli illeciti economici e dal riciclaggio compromettono le condizioni necessarie per sostenere il rilancio dell’economia.

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Il Gazzettino