Si scordano un bullone, Tommaso muore travolto dal cancello: i fabbri patteggiano due anni

CASIER - Hanno patteggiato due anni di carcere, con la sospensione condizionale della pena, i due fabbri che avevano installato il cancello in ferro sotto cui è rimasto...

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CASIER - Hanno patteggiato due anni di carcere, con la sospensione condizionale della pena, i due fabbri che avevano installato il cancello in ferro sotto cui è rimasto schiacciato il piccolo Tommy. Ieri mattina, giovedì 22 luglio, il gup Gianluigi Zulian ha accettato la richiesta avanzata dai legali di Bruno e Manuel Marconato, zio e nipote di 75 e 38 anni, accusati di omicidio colposo per essersi scordati di inserire il bullone di fine corsa che avrebbe impedito al manufatto di cadere addosso al piccolo Tommaso Tiveron. Nessuna sentenza potrà mai restituire ai genitori il bimbo di quattro anni, morto schiacciato sotto al cancello di quella che sarebbe dovuta diventare la sua futura casa, in via IV Novembre. Era il 29 luglio dell’anno scorso. 

VERSO IL PROCESSO CIVILE
Meno di un anno dopo si è concluso il processo penale. E ci si avvia verso quello civile, in cui i genitori formuleranno la richiesta di risarcimento, assistiti dall’avvocato Piero Barolo: la causa per la richiesta dei danni non sarà inferiore al milione di euro. Ed è proprio in sede civile che la difesa dei due fabbri, rappresentata dall’avvocato Michele Casagrande, intende muovere alcune contestazioni sull’accertamento della responsabilità. «Nel procedimento penale la Procura ha ipotizzato e valutato la responsabilità soltanto di chi ha fornito il manufatto, non degli altri soggetti coinvolti nel cantiere, come l’appaltatore, il direttore dei lavori, il responsabile del cantiere del cantiere» - afferma il legale, elencando quelle che a suo avviso sono delle evidenti incongruenze logiche da cui emergerebbe una responsabilità quantomeno ripartita tra più soggetti. 

GLI ALTRI SOGGETTI


La difesa evidenzia come il cancello, installato a metà giugno e usato fino al 29 luglio come unico accesso al cantiere da parte degli addetti ai lavori e dei committenti, non sia in realtà mai stato collaudato. «Non ci sono le certificazioni previste. Viene da chiedersi come l’appaltatore abbia potuto consegnarlo a fine luglio ai committenti» - osserva Casagrande. Al momento della consegna da parte dei fabbri il bullone che impediva alle ante di uscire dai cardini c’era, evidenzia il legale. Ai fabbri era stato chiesto di intervenire qualche giorno dopo per un malfunzionamento e sarebbe stato a quel punto che si sarebbero dimenticati di reinserire il bullone. Ma il difensore evidenzia come in realtà non siano state fatte indagini su quali altri lavori sono stati eseguiti nel frattempo sia sul manufatto sia sulle immediate pertinenze: «C’è tutto il tema della motorizzazione del cancello, che risultava in corso, ma su cui la Procura non ha indagato, essendosi limitata a ipotizzare la responsabilità dei fornitori del manufatto e a svolgere accertamenti tecnici in relazione a questa ipotesi. Mentre dell’accaduto dovrebbe rispondere anche chi aveva la responsabilità del cantiere». Ed è questa la linea che la difesa intende portare avanti in sede civile, dove cambiano i presupposti e le regole di accertamento della responsabilità. 
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Il Gazzettino