Omicidio di Capodanno, "Zio Coca" condannato a 21 anni e 9 mesi

Il luogo del delitto
BADIA POLESINE - Non si è trattato di legittima difesa o di un suo eccesso: quello che Giorgio Pasqualini ha commesso la notte del capodanno 2016 uccidendo il 45enne...

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BADIA POLESINE - Non si è trattato di legittima difesa o di un suo eccesso: quello che Giorgio Pasqualini ha commesso la notte del capodanno 2016 uccidendo il 45enne Lorenzo Ferracin con 8 coltellate  è stato un omicidio volontario. Per questo, è stato condannato a una pena di 21 anni e 9 mesi di carcere.


È la sentenza letta ieri pomeriggio dalla Corte d'Assise del Tribunale di Rovigo presieduta da Angelo Risi, con Silvia Varotto giudice a latere, dopo una camera di consiglio durata circa un paio d'ore. La richiesta formulata dal pm Andrea Girlando, al termine di una articolata requisitoria in cui ha sottolineato che il 69enne cuoco in pensione, noto come Zio Coca, «per difendere qualche dose di cocaina, droga, che è morte, ha dato la morte», era stata la condanna all'ergastolo, chiedendo che venisse riconosciuta l'aggravante dei futili motivi.
All'opposto, la difesa, affidata all'avvocato Franco Capuzzo del foro di Padova, aveva chiesto l'assoluzione, riconducendo l'uccisione nell'ambito della legittima difesa: una risposta a un'aggressione subita da parte di un estraneo che aveva fatto irruzione nel piccolo appartamento di via Filzi a Badia dove Pasqualini stava scontando i domiciliari. «Trovarsi davanti uno tutto coperto è il terrore: i ladri erano venuti in casa mia altre quattro o cinque volte, ma io non c'ero mai, questa volta ho avuto paura che mi facesse del male», erano state le parole in aula dello stesso Pasqualini nella precedente udienza, nel corso della quale ha anche candidamente ammesso di aver spacciato cocaina per arrotondare la sua pensione di 540 euro, motivo per il quale si trovava ai domiciliari, e anche di aver fatto uso di cocaina anche quella sera.


IL DELITTO - Secondo le foto della scena del delitto proiettate in aula nel corso del processo, il corpo senza vita di Ferracin si trovava disteso dritto sulla schiena, quasi interamente all'interno del bagno, con solo piedi e polpacci fuori dalla porta che dà sull'ingresso-soggiorno. In una mano impugnava una pistola, poi risultata essere un giocattolo, mentre infilato nella cintura aveva un coltello. Una messinscena secondo l'accusa, con la tipologia delle ferite, profonde e da angolazioni diverse, e la mancanza di segni che attestassero la difesa da parte di Ferracin, a contribuire a non rendere credibile la tesi di una semplice reazione d'istinto.
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Il Gazzettino