PORDENONE - «Negli ultimi anni la dipendenza dal gioco d’azzardo è triplicata, qui in provincia così come nel resto d’Italia: un Paese...
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«In 180 ce l’hanno fatta - considera De Luca, 62 anni, dei quali 23 trascorsi in prima linea al Centro - ma ne rimangono in cura altri 220. A salvarsi - spiega poi, tracciando una sorta di identikit del giocatore patologico - sono per lo più i maschi, che arrivano da noi attorno ai 40 anni. Gli uomini di solito possono contare su una rete di relazioni, su una famiglia attenta, e per questo riescono ad affrancarsi. Le donne, invece, che complessivamente sono il 15% dei presi in carico, arrivano da noi come ultima spiaggia, dopo aver dilapidato capitali e distrutto relazioni: sono sole e spesso irrecuperabili». Farcela non è certo una passeggiata e De Luca, che durante le terapie non disdegna di chiamare in campo Totò, Troisi e il Simposio di Platone, sottolinea che si devono accumulare sulle spalle circa 1.200 sedute, una alla settimana. E neppure entrare in un gruppo terapeutico è facile: si deve prima fare un percorso personale e poi passare un "test di ammissione" con l’impegno di seguire in maniera ferrea le regole. Ma gli effetti alla fine si vedono, poichè le assenze sono limitatissime, e il tasso di disoccupazione è dell’1 per cento. «Il gruppo, del quale fanno parte anche alcuni familiari, incentiva la ricerca del lavoro, anche per otto ore al giorno se necessario - sottolinea De Luca - e nell’arco di 3 o 4 mesi uno pur adattandosi, trova un’occupazione».
I problemi dell’azzardo, conclude l’esperto sono in crescita e continuando di questo passo fra tre anni il business raggiungerà i 100 miliardi l’anno. Senza contare il gioco on line, che permette a tutti di accedervi senza dare nell’occhio. Lo stato incentiva il gioco e anche i baristi spesso diventano "vittime" delle macchinette che mettono a disposizione dei clienti. E a nulla valgono le offerte di sgravi fiscali promessi a chi se ne libera. Noi abbiamo lanciato l’allarme ancora nel 2000, ma è caduto nel vuoto. E di patologia e rimedi non si parla ormai quasi più». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino