SAN MARTINO DI LUPARI - «Abbiamo ricevuto la Pec della Prefettura e siamo pronti a difenderci perché non abbiamo niente a che fare con tutto ciò. Sono anni che...
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Giuseppina De Luca, 37 anni, risponde al telefono e parte subito al contrattacco. Nemmeno il tempo di fare una prima domanda e la titolare dell’azienda Sidem di San Martino di Lupari annuncia la battaglia legale: «Gli avvocati sono già al lavoro, facciamo subito ricorso al Tar».
Qual è stata la prima reazione quando ha letto la Pec?
«Sgomento totale. Non ce l’aspettavamo perché abbiamo sempre lavorato senza problemi. Non abbiamo mai fatto nulla di male».
Secondo la prefettura di Padova siete pericolosamente vicini alla cosca Grande Aracri di Cutro visto che siete parenti di Giovanni De Luca e del boss Nicolino...
«Sì, purtroppo la parentela c’è e non possiamo cancellarla. Ma noi siamo distanti dalla ‘ndrangheta, non c’entriamo niente con quelle cose. Noi siamo una famiglia e le altre sono altre famiglie. Saremo in grado di dimostrarlo».
Che rapporto avete mantenuto con i vostri parenti in Calabria?
«Siamo a Padova dal 2010 e ci si sente al massimo per gli auguri a Natale e nelle altre feste comandate. Io vado in Calabria una volta all’anno e a volte nemmeno quella».
È la prima volta che siete chiamati a togliervi di dosso l’etichetta di vicinanza alla ‘ndrangheta?
«Sì, per fortuna sì. Loro non hanno nulla a che fare con la nostra azienda».
L’azienda è nata nel 2018 con un capitale sociale di diecimila euro. E prima?
«Prima io lavoravo come impiegata nel campo amministrativo, mio padre invece sempre nel settore edile. Ora lui lavora in azienda occupandosi di seguire i cantieri. Nel frattempo il capitale è aumentato e l’azienda è cresciuta perché lavoriamo in modo serio».
Quanti dipendenti avete?
«Una ventina di dipendenti e attualmente abbiamo attivi quattro cantieri nel Padovano, tutti nel campo privato».
Alla prima esperienza con la pubblica amministrazione padovana siete stati subito colpiti da interdittiva. Avevate già avuto rapporti con la Pa?
«Sì, in passato abbiamo lavorato per una casa di riposo a Pederobba in provincia di Treviso. Ed è andato sempre tutto bene».
Questa storia come finirà?
«Sospettano dei nostri legami perché arriviamo dalla Calabria e ci sono dei rapporti di parentela ma non c’è niente altro. Per questo motivo conto che l’interdittiva venga revocata al più presto».
C’è il rischio di perdere anche la clientela privata?
«Spero proprio di no, chi ci conosce sa che siamo seri e onesti».
E dei suoi familiari legati alla ‘ndrangheta lei cosa pensa?
«Non è bello, ma ognuno fa la propria vita. Noi qui facciamo la nostra». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino