Assembramenti, per Confcommercio regole troppo restrittive affossano gli esercenti

Il mercato di Rovigo
ROVIGO - «Multare la movida significa infierire un ulteriore colpo di grazia agli esercenti già in difficoltà». Il funzionario dell’Ascom...

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ROVIGO - «Multare la movida significa infierire un ulteriore colpo di grazia agli esercenti già in difficoltà». Il funzionario dell’Ascom Confcommercio Bruno Meneghini lancia un appello all’Amministrazione sul fronte della possibilità di chiudere i locali che, durante l’ora dell’aperitivo, non rispettano le regole anti–assembramento. «Sarebbe utile, semmai, potenziare i controlli delle forze dell’ordine – spiega il funzionario – Anche solo la presenza dei vigili durante l’ora dell’aperitivo potrebbe ricordare ai giovani di rispettare le regole, indossando la mascherina ed evitando di avvicinarsi troppo». «Il 18 maggio – continua il funzionario - è stato vissuto dai ragazzi come il Capodanno: erano tutti euforici di uscire e festeggiare lo stop all’isolamento. Ecco perchè si sono originate situazioni come assembramenti e mancato utilizzo della mascherina. Credo però che si sia trattato di una serata eccezionale, che non si ripeterà durante il weekend».

CAOS NORMATIVO
Meneghini si fa poi portavoce degli esercenti per sottolineare il caos normativo con i quali baristi e ristoratori hanno riaperto. «Ci sono tante incongruenze che stanno mettendo in difficoltà gli esercenti della città e di tutta la provincia – spiega il funzionario -, a partire dall’obbligo di distanziamento tra clienti non conviventi. Il proprietario del locale, o chi per lui, deve infatti chiedere alle persone sedute ai tavoli se dividono lo stesso tetto per permettersi di non rispettare il metro e sedersi dunque accanto. Se non lo sono, allora dovranno per forza mantenere il metro di distanza. Un caos dal punto di vista della gestione, nel caso, ad esempio, si presentino nel locale un ragazzo con la fidanzata e la suocera; il figlio può restare dunque accanto alla madre, ma non alla fidanzata? Sono regole inapplicabili che rischiano di mettere in ulteriore difficoltà il mondo della ristorazione e dei locali, già in ginocchio dopo non avere incassato per oltre due mesi».
CAOS PRENOTAZIONI
Difficoltà anche con l’obbligo di cancellare i nominativi dei clienti che hanno prenotato dopo 15 giorni. «L’obbligo di custodire per due settimane la lista dei clienti che hanno prenotato non vale per chi si presenta a cena o a pranzo senza prenotazione – spiega Meneghini –, una contraddizione davvero assurda. Senza contare le problematiche relative alla privacy, tanti dubbi che non aiutano gli esercenti a gestire al meglio la fase delle riaperture».
Non sono mancati, in questi giorni, dubbi anche relativamente all’uso dei dispositivi. «Il protocollo Inail – spiega il funzionario dell’Ascom – dava delle indicazioni che poi sono scomparse nell’ordinanza delle riaperture. Ad esempio, per quanto concerne la mascherina è sparita l’indicazione “chirurgica”, anche chi si trova dietro al bancone può utilizzare dunque una mascherina comune. Per parrucchieri ed estetisti sono invece previsti dpi certificati».
Il barista può servire il caffè senza guanti? «Altra confusione – spiega Meneghini - Prima sembrava non si potesse, invece nell’ultimo protocollo è specificato che non è previsto l’uso dei guanti per baristi e camerieri, ma c’è solo l’obbligo di sanificazione quando si passa da un cliente all’altro. Anche qui è davvero difficile pensare che in un bar con diversi clienti da servire nel giro di pochi minuti ci sia il tempo di lavarsi le mani ogni volta che si fa un caffè o un cappuccino».
CONTROLLI A TAPPETO

Nel frattempo, il sindaco Edoardo Gaffeo, ieri ha annunciato un weekend all’insegna dei controlli a tappeto per bar e ristoranti nel tentativo di frenare la “movida senza regole”. «Le sanzioni potrebbero essere fatte ai clienti che non rispettano le regole, come accadeva durante il lockdown - conclude Meneghini -, multe a chi non indossa, ad esempio, la mascherina. Ma pensare di punire i locali per gli assembramenti all’esterno significa costringerli alla chiusura. Quali strumenti hanno gli esercenti per evitare che l’aperitivo sia un’occasione di assembramento o, meglio, riunione di tanti giovani? Non sarà una soluzione obbligare la chiusura del locale. Quello della movida è infatti un problema che sta vivendo tutta Italia, non solo Rovigo».
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Il Gazzettino