L'assalto degli ultrà, terrore nel bus: «Pura follia. C'era anche un bimbo, non scorderò più i suoi occhi»

PADOVA - «Se mi trovassi di fronte gli aggressori chiederei loro il perché di un simile comportamento. Cosa ci guadagnano e perché la loro vita li porta a fare...

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PADOVA - «Se mi trovassi di fronte gli aggressori chiederei loro il perché di un simile comportamento. Cosa ci guadagnano e perché la loro vita li porta a fare cose del genere? Sembrano gesti di gente frustrata». A parlare è Andrea Cognolato, il tifoso biancoscudato ferito alla testa nell'assalto degli ultras del Vicenza ai bus navetta che portavano i sostenitori padovani ai parcheggi vicino all'autostrada.


Per lui, 36 anni, geologo e tecnico ambientale di Vigodarzere, non si trattava del primo derby al Menti. Questa volta, però, era accompagnato dalla moglie Silvia, alla sua prima trasferta. «Insieme a lei c'era anche un bambino - racconta - e sono rimasti tutti traumatizzati. Più che i postumi del taglio, a distanza di tre giorni mi resta in mente proprio la paura di quel bambino e delle altre persone presenti in quei momenti di vero panico». Poi aggiunge: «Mi sembra un modo di agire d'altri tempi, ormai superato come le crociate. Dentro allo stadio le scaramucce verbali e gli sfottò ci stanno, ma poi, che si vinca o si perda, riparte la vita normale e noi su quel bus prima del raid stavamo pensando alle pizze per la cena».
Dal parcheggio invece Andrea si è recato all'ospedale di Vicenza dove gli sono stati applicati cinque punti di sutura e al pronto soccorso c'era anche l'autista di una delle navette, a sua volta colpito alla nuca da un sasso.

LA SOLIDARIETÁ
«Se io fossi stato colpito qualche centimetro più in là, nella zona in cui sono stato recentemente operato con una craniotomia, forse non sarei a raccontare quanto successo - svela - Per me seguire il derby era una sorta di ritorno alla normalità dopo momenti molto difficili a causa di una grave malattia che mi ha costretto alla rimozione di una parte del cranio per fare espandere il cervello intaccato da un virus. Era già stato a vedere la partita con il Renate».
C'è anche però il lato bello, se così si può dire, di un fatto così increscioso. «Ho ricevuto tanta solidarietà. Già il lunedì mattina mi ha chiamato il Vicenza per chiedere scusa e dichiarandosi mortificato. Mi è stato vicino anche il Padova, con l'amministratore delegato Alessandra Bianchi che ha invitato me e mia moglie per le partite all'Euganeo e ho letto parole importanti anche da parte del sindaco berico e del presidente dei biancorossi Stefano Rosso».
Ha intenzione di perseguire le vie legali? «Non lo so ancora, valuterò il da farsi». Meno dubbi sulla possibilità di seguire nuovamente il Padova in trasferta. «Non ci metto una croce sopra. Seguo il Padova sin dai tempi delle superiori e da piccolo ricordo che il papà una volta mi portò all'Appiani. In altre partite esterne, in particolare con Reggiana e Spal mi ero mio malgrado trovato in situazioni di potenziale rischio, ma parliamo di tanto tempo fa».

LE INDAGINI


Nel frattempo a Vicenza gli inquirenti stanno visionando le immagini dei video girati durante il raid e quelli delle telecamere installate in zona per identificare i responsabili per i quali oltre al Daspo (l'interdizione alle varie manifestazioni sportive) si configurano anche conseguenze di natura penale. Tra le ipotesi, ma ancora da verificare, la presenza tra gli aggressori anche di ultras di club gemellati con il Vicenza, in particolare della Reggiana.
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Il Gazzettino