FICAROLO - «Mi mancano i bambini, vedere i progressi che facevano, aiutarli a diventare grandi, uno è stato con noi dai tre mesi ai tre anni, ho visto tutti i...
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L’ex maestra Crivellaro ha risposto a tutte le domande del pm, secondo l’ordine del capo d’imputazione, nel quale sono riportati una serie di atteggiamenti giudicati dall’accusa poco consoni con la realtà di un nido, «generando uno stato di terrore». «Non ho mai usato metodi violenti – ha ribadito Crivellaro - Non urlavo, se qualche volta ho alzato la voce l’ho fatto perché non si facessero male, per esempio quando si sporgevano dal seggiolone o se un bambino andava addosso a un altro. I pianti inconsolabili? I bimbi piangono nel periodo dell’inserimento e il pianto è contagioso, ma non ci sono state cose particolari. Una bimba aveva un pianto irrefrenabile, provavamo a tenerla in braccio, abbiamo tentato di tutto, poi l’abbiamo messa su un passeggino rosso, come lo aveva a casa e si è calmata. E la mamma dopo l’ha lasciata anche il pomeriggio. Ogni bambino ha il suo modo di staccarsi dalla mamma, gli oggetti transizionali, come le copertine di due bambini, servono a questo. Stato di paura? I bambini avevano un grande affetto per me, come io lo avevo per loro».
Anche su quest’ultima frase, si è dovuta interrompere per il groppo alla gola. Nel capo di imputazione le viene contestato anche uno scappellotto a un bambino che aveva buttato in terra un libro e di aver costretto i bambini a mangiare cibo caduto a terra: «Mai fatto» ha replicato sull’ultima contestazione mentre sullo scappellotto ha spiegato di aver voluto guardare il video: «Non mi sembrava proprio possibile e infatti non è uno scappellotto, il bambino si sporgeva dal seggiolone per guardare il libro caduto e istintivamente gli ho tirato su la testa perché non cadesse». Nel pomeriggio è stata ascoltata l’altra maestra, Andrea Contiero con domande e risposte sostanzialmente analoghe: «Mai messo nessuno in castigo o minacciato di farlo – ha sottolineato – ma rimproverare sì, è ovvio. Chi mordeva veniva sgridato, ma non punito, solo separato dall’altro, non in disparte, sempre nello stesso ambiente. La copertina sul viso? Tre bambini le avevano come oggetto transizionale: le portavano da casa ed erano loro a chiederle e coprirsi, anche quando si addormentavano, perché così si rilassavano. Ho provato a scoprirli, ma si svegliavano e piangevano. Mai usati metodi violenti. E chiaro che i bambini non amano pulirsi il viso con le salviette umide, altri non amavano essere cambiati, ma è necessario. Non venivano forzati a mangiare e quando si dimenavano sul seggiolone poteva essere pericoloso». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino