Asili nido ai "veneti", la Consulta boccia la Regione

Asili nido ai "veneti", la Consulta boccia la Regione
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VENEZIA - Il requisito della residenza per 15 anni, richiesto da una legge del 2017 della Regione Veneto, come titolo di precedenza per gli accessi agli asili nido, è incostituzionale. Lo ha deciso oggi la Corte costituzionale stabilendo che la norma contrasta col principio di uguaglianza, poiché introduce un criterio irragionevole per l’attribuzione del beneficio, e con la funzione educativa e socio-assistenziale. La legge regionale del Veneto è la n. 6 del 2017. La sentenza 107 depositata oggi ha stabilito che la norma è illegittima.


Il legislatore veneto aveva configurato come titolo preferenziale per l’iscrizione dei bambini al nido pubblico la residenza ininterrotta (o l’attività lavorativa, anche non continuativa) per 15 anni in Veneto. Questa previsione, secondo la Consulta, contrasta con il principio di uguaglianza, poiché introduce un criterio irragionevole per l’attribuzione del beneficio, non essendovi alcuna «ragionevole correlazione» tra la residenza prolungata in Veneto e le situazioni di bisogno o di disagio. La funzione educativa La norma contrasta inoltre con la funzione educativa a vantaggio dei bambini dell’asilo nido e con quella socio-assistenziale a vantaggio dei genitori privi dei mezzi economici per pagare l’asilo privato. «La configurazione della residenza protratta come titolo di precedenza, anche rispetto alle famiglie economicamente deboli - spiega la sentenza -, si pone in frontale contrasto con la vocazione sociale degli asili nido», servizio che «risponde direttamente alla finalità di uguaglianza sostanziale fissata dall’articolo 3, secondo comma, della Costituzione, in quanto consente ai genitori (in particolare alle madri) privi di adeguati mezzi economici di svolgere un’attività lavorativa». Quanto poi alla funzione educativa del nido, la Corte ha osservato che è «ovviamente irragionevole ritenere che i figli di genitori radicati in Veneto da lungo tempo presentino un bisogno educativo maggiore degli altri». I giudici costituzionali hanno infine richiamato la libertà di circolazione garantita dai Trattati e la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue in tema di requisiti per l’accesso a prestazioni sociali erogate dagli Stati membri, sottolineando l’incoerenza dello scopo perseguito dalla norma impugnata e il carattere comunque sproporzionato della durata della residenza richiesta.
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Il Gazzettino