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TREVISO - Tutto Martini, capolavoro per capolavoro. Opere che “pesano tonnellate e sembrano leggere come una piuma”. A 30 anni dall’ultima grande mostra trevigiana e a 75 dalla prima, il Museo Bailo, con la curatela di Fabrizio Malachin e Nico Stringa, propone una nuova retrospettiva su Arturo Martini, dal titolo “Arturo Marini. I capolavori”. L’esposizione, che ha riunito i più grandi capolavori dello scultore, è articolata in cinque sezioni e cerca di definire una personalità per propria natura sfaccettata.
Il percorso prende il via dalla sezione permanente che il Bailo riserva allo scultore. Qui ad essere ripercorsi sono gli anni dell’apprendistato. Di lì a poco giungono le prime mostre a Treviso e a Venezia e i primi riconoscimenti. Poi la lunga permanenza a Monaco e l’influenza di Parigi. Alle sculture, con opere in gesso e in cemento come “Maternità” e “Allegoria del mare” e “Allegoria della terra” si affianca l’importante esperienza grafica e quella ceramica, per la quale collabora con la fornace Gregorj. La seconda sezione ha lo scopo di esaltare Martini attraverso i suoi grandi capolavori. Come nella mostra del 1967, sono collocate in apertura il Leone di Monterosso–Chimera, e quel Figlio prodigo che fu scelto come manifesto della mostra.
IL PERCORSO
La conformazione fisica del museo consente di riservare ciascuna sala ad un preciso focus intorno ad un singolo capolavoro. Valga come esempio, la sala riservata alla “Donna che nuota sott’acqua”, in dialogo con le immagini. Per la prima volta è presentato, accanto al marmo, anche il bronzo “preparatorio” mentre le tecnologie multimediali restituiranno l’illusione di entrare sott’acqua.
LE NOVITÀ
Non mancano le novità, opere mai viste, come il mastodontico “Sacro Cuore”, la prima scultura su tema sacro eseguita dallo scultore. Il gesso, modellato nel 1929 quando si trovava a Monza per la chiesa di Vado Ligure, fu rifiutato perché ritenuto incongruo rispetto ai tradizionali canoni dell’arte sacra: gelosamente conservato dall’artista nella sua casa-museo sarà esposto in una mostra per la prima volta. Altro gesso assicurato in mostra dalle grandi proporzioni (2,5 metri di altezza) ed esposta nella lontana mostra del 1967 è “La Sposa Felice”. Celebre perché lo scultore stesso scalpellò via il volto. Quasi per celebrare l’ultima grande monografica, quella del 1967, ecco il celebre Tito Livio – il marmo è nell’atrio del Liviano a Padova – in mostra grazie al calco realizzato per quella mostra trevigiana. La terza sezione sarà interamente riservata alle maioliche, sculture di piccolo formato che documentano la grandezza e la creatività di Martini come Centomestrista, Morte di Saffo, Salomone, Laocoonte, Ratto delle Sabine, Susanna, Amazzoni spaventate. Poi il Martini pittore, infine nei chiostri i Capolavori della maturità. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino