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RIESE PIO X (TREVISO) - Kujtim era al lavoro quando il cellulare ha cominciato a squillare all'impazzata, ricevendo decine notifiche. Poi la telefonata in lacrime della madre sbigottita: «Cosa sta succedendo»? Una storia paradossale quella dell'artigiano 29enne di Riese, titolare di una ditta edile, la cui unica colpa, se così la si può definire, è di avere nome e cognome simile, ma non identico, a quello dell'attentatore di Vienna, Kujtim Fejzulai, il 20enne macedone ucciso dalle forze dell'ordine austriache dopo l'attacco costato la vita a 4 persone (oltre a 22 feriti). Eppure è bastata questa assonanza a gettarlo in un vortice infernale: il volto dell'artigiano di Riese (che di cognome fa Fejluzoski, non Fejluzai), è finito su tutti i notiziari e i siti web di Kosovo, Macedonia ed Albania. Si perché, per un errore madornale, dal suo profilo Facebook sono state prese decine di foto poi pubblicate da telegiornali e siti on line associandole al nome del terrorista bloccato e ucciso dalle forze speciali. «Per me è stato un vero incubo: hanno messo le mie foto ovunque dicendo che ero io il responsabile degli attacchi. E come se non bastasse, ho cominciato a ricevere intimidazioni e minacce di ogni tipo su Facebook. Non volevo credere ai miei occhi. Un'assurdità, al di là del fatto che io non centro niente e sono una persona per bene, visto che l'attentatore è morto e io invece sono vivo e vegeto».
LO CHOC
Il mostruoso equivoco inizia lunedì sera, quando i primi siti macedoni e albanesi pubblicano le foto di Kujtim e il suo profilo, spingendosi anche ad analizzare il background del presunto terrorista.
LA DENUNCIA
Kujtim ha cercato subito di correre ai ripari e, tramite un legale in Macedina e l'avvocato trevigiano Ermira Zhuri, è riuscito a mettersi subito in contatto con i telegiornali e i siti locali che avevano pubblicato erroneamente le sue foto. «Hanno ammesso l'abbaglio, e dai siti sono state subito rimosse le mie immagini private, ma non volevano in alcun modo procedere con una rettifica ufficiale e delle scuse pubbliche. Che è ciò per cui sto lottando, perché nel mio paese c'è ancora tanta gente che potrebbe aver male inteso la situazione. Deve esserci un chiarimento». Il timore dell'artigiano di Riese, in Italia ormai da diversi anni, ben integrato e conosciuto in paese, è che quanto accaduto possa creargli dei problemi. Oltre all'onta nei confronti della sua famiglia. «Il mio nome, il mio cognome e le mie foto sono state associate a qualcosa di terribile che non mi appartiene in alcun modo. Per questo ho chiesto aiuto a un avvocato e mi sono anche rivolto direttamente ai carabinieri, ai quali ho fatto una segnalazione in caserma ricostruendo quanto accaduto. Non voglio ci siano fraintendimenti». Senza contare le minacce ricevute, tramite Facebook, da alcuni connazionali. «Non sono cose con cui si può scherzare - conclude Kujtim -, perché non si sa mai cosa possa accadere quando torno nel mio paese di origine. Il mio cognome è stato infangato. Senza contare lo choc subito da me e dalla mia famiglia per una situazione spaventosa in cui mi sono trovato di punto in bianco senza avere alcuna colpa». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino