Il cervo discende dal cane. Bugia colossale, a meno che cervo e cane in questione non abbiano sei zampe. E così è stato - ed è tutt'ora - in Cadore, dalle...
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Da una parte gli artisti residenti - Lisa Copat, Marco Trentin, Sonia Chianchiano, Elena Grigoli, Roberto Zanini, Anna Zicche, Federica Cogo e Marco Bellotto - dall'altra l'Accademia scaligera, nella persona di Giuseppe Vigolo, artista e docente di tecniche calcografiche sperimentali. Lavorando in due diversi ambienti della Colonia e a due progetti di stampa, i protagonisti del fine settimana ad alto tasso di zampe hanno sviluppato alcune proposte grafiche di Vigolo, al fine di reinterpretare proprio il defunto - o quantomeno non più deambulante - cane. Un gruppo ha lavorato sull'immagine del suo scheletro, giocando e indagando anatomie improbabili e così smascherate, utilizzando la tecnica della xilografia. Nel frattempo i ragazzi del Laboratorio d'arte e stampa Folà di Marano Vicentino hanno lavorato alla rivisitazione della grafica originale del cane a sei zampe, ripensato da Vigolo in veste di cervo, ovvero l'animale rappresentativo della montagna per eccellenza, stereotipo spesso abusato con cui Dc gioca dal 2011 nella grafica e nella comunicazione, fino poi a esserselo trovato fuori di casa quando Gianluca D'Incà Levis, che di Dolomiti contemporanee e Progettoborca è ideatore e curatore, si ritrovò a vivere e indossare i panni di mamma cerva allevando il piccolo (ma oggi enorme, e libero, in un luogo non precisato) cervo Christopher. Ancora una volta insomma Dc è stata terra di rigenerazione. Una bestia scordata, o forse celata da chi ne ha fatto il suo emblema, che proprio lì, dove a lungo ha vissuto, ha ritrovato anima e spirito nella sua reincarnazione ungulata. Il telaio con l'immagine, inciso con tecnica serigrafica, ha consentito di riprodurre il cervo su t-shirt, borse, sacchi della biancheria, cuscini, tessuti e stoffe, tutto rigorosamente rinvenuto in Colonia e ora disponibili nel bookshop di Progettoborca. Ché il cervo, con tutte quelle zampe, ha bisogno di correre.
Alessandro De Bon Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino