Arrigo Cipriani: «Com'era bella la mia Venezia senza baci di massa»

Arrigo Cipriani
Piazza San Marco a Venezia è il luogo che rappresenta la città nel bene e nel male. Nell’immediato dopo guerra tutte le sere noi giovani facevamo il Liston che consisteva...

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Piazza San Marco a Venezia è il luogo che rappresenta la città nel bene e nel male. Nell’immediato dopo guerra tutte le sere noi giovani facevamo il Liston che consisteva .in una marcia lenta avanti e indietro sui marmi bianchi della Piazza, dal Museo Correr lungo le procuratie vecchie fino alla Torre dell’Orologio. I colloqui deambulanti si svolgevano solo all’interno dei piccoli gruppi di ragazzi o di ragazze e l’oggetto, sembra inutile spiegarlo, era per i ragazzi, le ragazze, e, non lo so per certo, ma presumibilmente, per le ragazze, i ragazzi.


Col passare degli anni i luoghi di convegno si spostarono nei campi di San Bartolomeo e di San Luca dove non c’era il Liston, e così gli incontri divennero incroci perché i componenti dei due sessi si mescolarono e cominciarono anche a parlare tra di loro.

Con la fine del Liston anche la Piazza si è trasformata negli anni.

Allora, tra i pochi avvenimenti proposti, ogni settimana la banda cittadina si esibiva in centro della Piazza. I suonatori si disponevano a semicerchio sui gradoni di una struttura in ferro nero costruita appositamente nel centro della Piazza. Noi ogni tanto ci divertivamo a fare un gioco crudele e malvagio. Ci mettevamo di proposito davanti alle trombe e ai tromboni succhiando voluttuosamente dei limoni tagliati a metà. L’effetto sui suonatori era devastante. Il soffio del fiato emesso si trasformava in saliva e così il suono diventava un gorgoglio senza alcuna tonalità.

Ricordo poi nell’80 il primo ed unico Carnevale spontaneo in Piazza.

Nel centro c’era un altoparlante che diffondeva una musica straordinaria e, attorno a quello, migliaia di maschere ballarono con una potente allegria priva di violenza per quasi tutta la notte.

Dal secondo anno le autorità si accorsero che avrebbe potuto essere molto pericoloso lasciare libero sfogo all’immaginario collettivo, così decisero di costruire il primo palco dal quale un pastore imbonitore invitava i presenti, ormai privi di maschera, a gioire dell’occasione straordinaria che veniva concessa al gregge.

Così di anno in anno Il Carnevale divenne solo una grande demenza durante la quale una cinquantina di personaggi mascherati da paggetti del ‘500 si offrivano alla vista di migliaia di spettatori in cappotto e cappello.

Visto il grande successo di questo incredibile spettacolo, il palco venne pensato anche per la notte tra il 31 Dicembre e il primo Gennaio. Un atleta del pensiero inventò il bacio collettivo, un improbabile invito alla conciliazione universale. Così in Piazza furono costruiti Verdi giardini di plastica, o, come quest’anno, un palco munito di cupola bizantineggiante per fare da contraltare alla basilica. In Piazzetta c’era anche una rassicurante, gigantesca, ma elegante bottiglia di Bellini di una ditta dell’entroterra.


E vennero a decine di migliaia dalle vicine campagne. E bevvero, e si baciarono tra loro. Etero ed omo in nome della fratellanza. Alla fine un po’ barcollanti sciamarono per le calli e i campielli verso il Piazzale Roma. In attesa del tram. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino