Turisti cafoni, la proposta del parroco di Venezia don Roberto Donadoni: «Creare aree di sosta per farli mangiare nelle calli»

VENEZIA - Tra le scene che questa estate ci consegna, c’è quella dei turisti che mangiano per strada, anche sui gradini delle chiese. «È chiaro...

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VENEZIA - Tra le scene che questa estate ci consegna, c’è quella dei turisti che mangiano per strada, anche sui gradini delle chiese. «È chiaro che è un problema. Però va anche riconosciuto che non tutti possono permettersi di andare al ristorante, tanto più con i costi di Venezia e tanto più se sei una famiglia». E, perciò, secondo don Roberto Donadoni, parroco della comunità marciana, “sentinella” di ciò che accade in pieno centro, nel vortice del flusso incessante di passaggio dei visitatori, bisognerebbe fare un passo in avanti: «Perché non creare delle aree di sosta attrezzate e ben segnalate, dove poter far mangiare le persone che pranzano al sacco? Le soluzioni tecniche spettano a chi se ne intende e ne ha competenza. Ma penso che anche la Chiesa potrebbe fare la sua parte: noi a San Salvador in patronato d’estate ospitiamo le scolaresche che vengono in gita, mettendo a disposizione un luogo riparato dalla pioggia e dal sole, con i tavoli, le sedie, i bagni. Ecco: ben venga la prenotazione, nei giorni in cui Venezia va più sotto stress. Però a fronte del contributo d’accesso bisognerebbe dare una card con dei servizi ben precisi. Bene, ad esempio, che si parli di 28 nuove postazioni di toilette». 


L’INTERVENTO
Don Donadoni affronta il tema dei pasti consumati nelle pubbliche vie e a ridosso delle porte delle chiese nell’articolo di fondo del settimanale diocesano Gente Veneta, di cui è direttore editoriale. Andando dritto al nocciolo della questione: «A San Moisè – racconta – ho trovato una donna distesa per terra. Quando le ho chiesto se si sentisse male mi ha detto che cercava un po’ di fresco e lo trovava solo sul pavimento. A San Salvador, invece, ho incontrato una famiglia di 7 persone che mangiavano pasta e riso freddo sulla scalinata. Quando ho detto loro che lì non potevano stare, mi hanno spiegato che avevano già speso 133 euro per i vaporetti, che il ristorante non potevano permetterselo e non trovavano altro luogo per mangiare». Sono solo due dei tanti casi sperimentati in prima persona dal sacerdote che scrive: «La domanda è allora: dove possono andare? Mancano indicazioni per gli stessi studenti pendolari dell’università che spesso condividono problemi analoghi». Don Donadoni sottolinea che «anche la pratica di consumare cibo sui gradini delle chiese suscita preoccupazione per il rispetto degli edifici sacri. Le chiese di Venezia sono opere d’arte storiche e religiose e gli abitanti desiderano che i turisti trattino questi luoghi col rispetto dovuto. Il malcontento dei veneziani non è rivolto al turismo in sé, ma piuttosto solleva la questione di un turismo più responsabile e rispettoso, chiedendo che i visitatori siano consapevoli dell’ambiente unico in cui si trovano e che rispettino le regole locali e culturali». 


L’INVITO


Di qui l’invito a lavorare insieme, per prime le autorità, per trovare il giusto equilibrio tra turismo e conservazione della città, tra diritto, per tutti, a visitarla e dovere, di tutti, di preservarla. «Ci sono anche turisti educati – conclude il sacerdote – che vorrebbero solo pranzare in tranquillità: creare delle aree ristoro attrezzate e segnalate potrebbe essere un’ipotesi su cui ragionare. Noi stessi, come Chiesa possiamo fare la nostra parte, ad esempio nei patronati, anche se di volontari per gestire ce ne sono sempre di meno. Però il turismo sia una forza vantaggiosa che contribuisce alla crescita economica, all’interscambio culturale e alla conservazione e non un fattore di deturpazione e degrado». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino