Appe all'attacco dei sindaci: «Basta con le sagre, rischio sanitario è troppo elevato»

SAGRA - Appe attacca i 102 sindaci per l'organizzazione di questi eventi
PADOVA - Il rischio contagi, il disturbo della quiete pubblica, i vantaggi fiscali e la concorrenza spietata. Quattro punti, messi nero su bianco in una lettera inviata a tutte le...

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PADOVA - Il rischio contagi, il disturbo della quiete pubblica, i vantaggi fiscali e la concorrenza spietata. Quattro punti, messi nero su bianco in una lettera inviata a tutte le autorità padovane, per dire basta agli eventi con gli stand gastronomici. La durissima presa di posizione dell’Appe, associazione dei pubblici esercizi, è stata spedita ieri mattina ai 102 sindaci della provincia di Padova ma anche al prefetto Raffaele Grassi, all’assessore regionale alle attività produttive Roberto Marcato, all’Ulss Euganea e a tutti i vertici delle forze dell’ordine. Venti giorni fa l’Appe aveva contestato con parole forti le scene di assembramenti al Pride Village invocando chiusure e sospensioni. Ora il presidente Erminio Alajmo, uno dei ristoratori più noti del Veneto e non solo, firma un documento ufficiale che chiede di limitare le sagre e le altre manifestazioni. 



LE CRITICHE
Già a dicembre l’associazione di categoria aveva chiesto la sospensione delle manifestazioni con servizio di somministrazione alimenti e bevande, parlando di «attività parallela a quella regolarmente svolta dai pubblici esercizi». Ora, pur senza fare riferimenti espliciti, l’Appe torna a scrivere partendo da una premessa: «A fronte di molteplici segnalazioni, nonché di testimonianze fotografiche e video, riscontriamo molti aspetti critici». 
Il primo riguarda l’emergenza sanitaria. «Le immagini non lasciano spazio a interpretazioni - scrive Alajmo - Durante questi eventi non vengono quasi mai rispettate le minime misure di sicurezza. Non vi è probabilmente alcun tracciamento delle persone. Nutriamo inoltre seri dubbi sull’effettuazione della sanificazione costante dei servizi igienici e delle aree ad uso comune. Infine, in caso di intrattenimento, ci domandiamo se vengano rispettate le relative linee-guida, che prevedono l’obbligo di rimanere sempre seduti con distanziamento e il tracciamento dei partecipanti».
IL DISTURBO
Il secondo punto riguarda la quiete pubblica. «I residenti in aree vicine agli eventi lamentano quotidianamente di subire fortissimi disagi, per disturbo acustico anche in orario notturno, dopo il termine degli eventi, quando gli ultimi clienti si attardano e il volume tende ad aumentare. Sono altresì spesso segnalati traffico, parcheggio selvaggio, blocchi di passi carrai. Il mattino seguente, inoltre, rimangono sul terreno le tracce dei festeggiamenti della serata precedente: bicchieri, bottiglie, vomito, urina e altro». 
A onor di cronaca va detto che da tempo simili lamentele generalizzate si sono sollevate anche in piazza dei Signori, dove non ci sono manifestazioni ma solo tanti locali e una moltitudine di ragazzi radunati sulla scalinata della Gran Guardia. 
LE TASSE
Terzo punto: le tasse. «Gli eventi sono quasi sempre organizzati e gestiti da associazioni, a volte costituite proprio allo scopo di intercettare i bandi comunali, che possono godere di importanti benefici fiscali. Abbiamo anche dei dubbi circa la regolare emissione di scontrini fiscali, soprattutto in quegli eventi che richiamano centinaia di persone e, pertanto, sono caratterizzati da una confusione generale».
IL DANNO
L’ultimo punto è la conclusione di tutto ciò: il danno economico per bar e ristoranti. «Mentre i pubblici esercizi rispettano le regole, le linee-guida, i vari decreti che ne limitano l’operatività, venendo sanzionati in caso di violazione, con multa pecuniaria e chiusura dell’attività - prosegue Alajmo - ci risulta che questi eventi, anche a fronte di palesi violazioni, testimoniate da foto e video espliciti, non subiscano alcun controllo né sanzione. A nostro avviso, si tratterebbe di un indebito vantaggio a concreto beneficio di realtà in diretta concorrenza con i pubblici esercizi».

«Mentre i pubblici sono aperti, erogano servizi, pagano imposte centrali e locali, danno posti di lavoro 12 mesi all’anno, gli organizzatori di questi eventi spesso non hanno nulla a che vedere con il territorio - insiste l’Appe - drenano clientela ai locali della zona e versano una minima parte delle tasse e imposte che versa un’impresa di somministrazione. Infine, spesso in occasione di questi eventi si verificano episodi di spaccio, etilismo, furti e risse». Le richieste alle autorità sono due: maggiori controllo e, per il futuro prossimo, limitazioni agli eventi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino