Fabbri, figlia del giudice istruttore del Vajont, denuncia la Finanza: «Castelli di carte per incastrarmi»

Antonella Fabbri
BELLUNO - «Su questa storia andrò fino in fondo, costi quel che costi, e a me è già costato abbastanza». Antonella Fabbri, figlia dello scomparso...

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BELLUNO - «Su questa storia andrò fino in fondo, costi quel che costi, e a me è già costato abbastanza». Antonella Fabbri, figlia dello scomparso giudice istruttore del processo del Vajont, è provata ma parla con determinazione. L’inchiesta Bianchini, che l’ha coinvolta in qualità di componente dell’Ufficio procedimenti disciplinari (Upd) dell’Ulss Dolomiti con l’ipotesi di favoreggiamento e falso, dura da quasi due anni. Ora, per la prima volta, ha deciso di esporsi pubblicamente e ha convocato una conferenza stampa denominata “Covid 19: storie di una Procura imperfetta”, che si è svolta ieri in Sala Gaio del Centro Giovanni XXIII, in piazza Piloni. Ha voluto sottolineare alcuni aspetti che farebbero emergere un’altra verità, fatta di atti processuali scomparsi dal fascicolo in modo misterioso e sostituiti con altri. «Non c’è soltanto la calunnia nella denuncia querela che ho presentato – spiega Fabbri – ma anche abuso d’ufficio e frode processuale. Non ho fatto un nome preciso, ho chiesto l’accertamento di tutti i compartecipi».


L’INCHIESTA
L’indagine parte dal primario di Otorinolaringoiatria di Belluno Roberto Bianchini, responsabile secondo il procuratore Paolo Luca di aver causato il primo focolaio all’ospedale di Belluno dopo essere tornato da una vacanza a Ko Samui (Thailandia) dal 14 al 24 febbraio 2020. Insieme a lui finiscono nell’inchiesta anche quattro componenti dell’Upd Ulss - Raffaele Zanella, Antonella Fabbri, Cristina Bortoluzzi e Tiziana Bortot – perché avrebbero occultato e modificato le prove per proteggere Bianchini. Il procuratore Luca chiede addirittura l’applicazione di misure cautelari interdittive per tre di loro ma il gip di Belluno, il Tribunale del Riesame di Venezia e la Cassazione, rigettano la richiesta. Tanto che alla fine il procuratore chiede l’archiviazione per tutti i reati, eccetto uno, il falso, su cui si sta ancora aspettando la fissazione dell’udienza preliminare. 


L’OMBRA
La denuncia di Antonella Fabbri si inserisce in questo contesto. Nel mirino quello che accade il 28 aprile 2020, quando si presenta nel suo ufficio un maresciallo della Guardia di Finanza che chiede di esibire il fascicolo disciplinare del medico. Nel verbale di seduta, firmato da tutti i componenti dell’Upd (che non aveva trovato nessun elemento per procedere nei confronti del primario) è presente un altro documento in cui ci sono delle annotazioni a penna (sulla data di rientro al lavoro di Bianchini c’è un 26 al posto di un 25): «Chiarisco che è un brogliaccio – racconta Fabbri – un appunto personale, privo di qualsiasi valore, anche perché non firmato. Quindi lo lascio senza alcun timore sulla scrivania, nella piena disponibilità del finanziere che poi me ne chiede copia». Viene allegata anche la mail, con il documento ufficiale, inviata a inizio mese al presidente dell’Upd. Dal verbale sit (sommarie informazione testimoniali), redatto dalla Guardia di Finanza, quel brogliaccio e quella mail scompaiono. C’è invece una foto del documento che il maresciallo dichiara di aver scattato di nascosto, mentre Fabbri era intenta a fare fotocopie e che la stessa, secondo l’accusa, avrebbe sottratto con gesto repentino dal fascicolo del procedimento disciplinare. Ma c’è anche una mail (il famoso verbale inviato al direttore dell’Upd) che quel giorno i finanzieri non potevano avere. Non si tratta infatti di quello consegnato da Fabbri al maresciallo in quanto presenta dettagli diversi (quadrati invece che puntini negli elenchi) e un maggior numero di righe. 


LA DENUNCIA


Scatta la denuncia per calunnia, abuso d’ufficio e frode processuale, nei confronti di chi ha svolto le indagini ma il pm ne ha già chiesto l’archiviazione perché ritenuta «poco credibile». «Ho fatto opposizione – continua Fabbri – Perché hanno inserito nel fascicolo del 28 aprile un documento che è stato preso dopo? Gli avevo consegnato tutto. Io un’idea ce l’ho: poteva diventare accattivante il ragionamento che su 5 professionisti ci fosse anche Fabbri, in una provincia dove quel nome forse ha un significato. Ma sono suggestioni, noi qui parliamo di atti». Rimane un’ultima domanda a cui un domani potrebbe rispondere direttamente la Corte dei conti: quanto è costata ai contribuenti questa indagine di mille pagine che rischia di scoppiare come una bolla di sapone? 
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Il Gazzettino