Il bivacco di Angelika Hutter nel bosco delle Penne Mozze prima della strage di Santo Stefano: «L'ho notata perché era molto strana»

CISON DI VALMARINO - Pochi giorni prima della strage di Santo Stefano di Cadore, Angelika Hutter era a Cison di Valmarino. Una presenza in quei giorni passata inosservata e...

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CISON DI VALMARINO - Pochi giorni prima della strage di Santo Stefano di Cadore, Angelika Hutter era a Cison di Valmarino. Una presenza in quei giorni passata inosservata e che solo dopo quanto accaduto il 6 luglio - con la morte del piccolo Mattia, del papà Marco Antoniello e della nonna Mariagrazia Zuin, tutti e tre falciati dall’auto con al volante la 32enne tedesca - è balzata nella mente di chi ha notato quella donna bivaccare nella sua auto poco lontano dal bosco delle Penne Mozze. E il pensiero è subito andato ai fatti accaduti nel vicino bellunese, con il timore che anche qui, a Cison di Valmarino o nel territorio dell’Alta Marca Trevigiana attraversato dalla donna alla guida della sua Audi, si sarebbe potuta compiere una strage simile. 


IL COLLEGAMENTO

«Quando la sera del 6 luglio ho visto alla televisione le immagini di quanto era accaduto a Santo Stefano di Cadore e in particolare il rottame dell’Audi scura, mi è subito venuta in mente quella stessa macchina che solo pochi giorni prima avevo visto in piazzale Peroz – testimonia il cisonese B.I. -. E poi, quando hanno diffuso la foto dell’investitrice, l’ho subito riconosciuta: era quella ragazza che bivaccava ai margini del bosco. L’avevo vista due giorni di fila e sempre lì. Era strana, pareva impaurita, ma anche sospettosa». Nel giorno in cui ieri, a Favero Veneto, si sono celebrati i funerali delle tre vittime, l’anziano cisonese riavvolge il filo. Giovedì 29 giugno era salito sopra al bosco delle Penne Mozze per prendere il fresco e fare due passi con il cane. Con lui anche un amico. Alla fine della valle di San Daniele, passato il bosco delle Penne Mozze, c’è piazzale Peroz. Qui la strada, via delle Tofane, si conclude. Da qui si apre il bosco e si prendono i sentieri dell’asta, del Pissol e della Scaletta per salire al bivacco dei Loff. C’è uno spiazzo asfaltato, in cui possono sostare meno di una decina d’auto. E qui c’era l’Audi nera in sosta. «Quando siamo arrivati – testimonia B.I. – subito quell’auto ha attratto la nostra attenzione. Il baule era aperto e poi c’era un filo tirato per stendere la biancheria. Era evidente che qualcuno si era accampato. Ma l’auto era vuota. Noi ci siamo diretti verso il bosco e da qui è spuntata una donna giovane. L’ho salutata per educazione, ma da lei nessuna risposta. Borbottava qualcosa di incomprensibile. Dopo che ci ha visti, si è rispinta nel bosco. Pareva impaurita, ma anche sospettosa». L’anziano ha quindi proseguito con la sua passeggiata, per poi dopo mezz’ora circa fare rientro nel piazzale, dove l’Audi era ancora al suo posto. «La donna era in auto – ricorda -, stava dormendo nel baule della macchina che era aperto. Il braccio era a penzoloni fuori dall’auto. Il mio cane le ha annusato la mano. Lei si è alzata ed è andata via. Sempre senza dire nulla. Nell’auto c’era di tutto: era piena di cianfrusaglie, c’era un materasso, delle coperte, pentole. Ho pensato che fosse lì per fare delle camminate per qualche giorno».


IL SECONDO INCONTRO

Il giorno dopo, venerdì 30 giugno, l’anziano è risalito nel bosco alla ricerca di un po’ di fresco e per fare due passi. E si è ritrovato sempre l’Audi e la donna. «Stessi comportamenti strani – dice , non mi ha detto nulla, era sempre schiva. Mi è, sì, parsa strana, ma tanti ragazzi al giorno d’oggi sono avventurieri e mi sono detto che fosse anche lei così». Il sabato l’accampamento in piazzale Peroz non c’era più. E giovedì 6 luglio, quando sono passate le immagini della strage di Santo Stefano di Cadore, a B.I. è venuto un colpo al cuore quando ha visto la foto della ragazza: «L’ho riconosciuta subito».

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Il Gazzettino