BELLUNO Cinque anni di reclusione, 1600 euro di multa e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non ha avuto scampo Angela Saggese, 57enne napoletana residente a...
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CONDANNATA
Il collegio di giudici, presieduto da Antonella Coniglio, non ha avuto dubbi e, dopo aver ascoltato tutti i testi sfilati ieri i Tribunale a Belluno, nel giro di un quarto d’ora è uscito con la sentenza: 5 anni. Ha accolto in pieno le richieste del pm Roberta Gallego, che ha sottolineato la «serialità e professionalità» dell’imputata. Il collegio ha “condannato”, in un certo senso, anche il difensore di fiducia, l’avvocato Viginia De Marco di Napoli, che per l’ennesima volta anche ieri non si era presentata. L’ultima udienza era arrivato un certificato medico, ieri il fax con un impegno improvviso. I giudici irritati hanno nominato un difensore d’ufficio e hanno inviato gli atti all’Ordine degli avvocati di Napoli per procedere per quanto di competenza. «È una condotta sistematica quella dell’avvocato - ha detto il collegio - e più volte sono stati convocati i testi. Il processo è pendente da due anni senza mai essere riusciti a fare attività».
LA TESTIMONIANZA
E tra i testi c’era la donna che quel giorno si trovò a tu per tu con quei finti addetti dell’Inps. Una bellunese classe 1926, che ieri ha atteso ore per rendere la sua deposizione. «Quel giorno- ha raccontato - venni avvicinata dalla coppi sotto casa. Mi dissero che dovevano cambiare qualcosa nella tessera sanitaria. Chiamai mio marito e salirono in casa». Gli anziani gentilmente offrirono dell’acqua e tirarono fuori i documenti richiesti. Il complice della Saggese con la scusa di andare in bagno prese una busta con 400 euro e della bigiotteria dal cassetto. Fuggirono poi spintonando il coniuge che si era messo di fronte per non farli passare.
LA DIFESA
Nel frattempo però il marito della donna, classe 1922 è morto. Fu lui che si accorse subito che quella visita dei due addetti Inps non quadrava. La moglie ieri non ha saputo dire con certezza di quella violenza subìta dal marito e su questo ha fatto breccia la difesa, con l’arringa dell’avvocato che ha chiesto l’assoluzione. Ma le prove erano schiaccianti: anche le impronte trovate sul bicchiere d’acqua. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino