Stampante 3D per lo spazio: tra gli inventori un veneziano laureato a Padova

Stampante 3D per lo spazio: tra gli inventori un veneziano laureato a Padova
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MESTRE  - Dal liceo Giordano Bruno a Berlino, all'Istituto tedesco per la ricerca e il test dei materiali. E, assieme all'Agenzia aerospaziale tedesca, l'ex studente mestrino ora ricercatore del team guidato dal professor Jens Günster, ha portato a termine un esperimento che è già stato definito come una pietra miliare: la prima produzione con una stampante a 3D di uno strumento metallico in assenza di gravità. Una tecnologia che, in futuro, consentirà agli astronauti di fabbricarsi gli oggetti a bordo delle navette spaziali.


Andrea Zocca, 30 anni, si è laureato in Ingegneria dei materiali all'Università di Padova. Durante un paio di dottorati tra Padova e la Germania, si è specializzato nella manifattura additiva, che è il nome tecnico per definire la stampa 3D. Un cervello in fuga? «Dal 2015 sono ricercatore presso il Bundesanstalt für Materialforschung a Berlino, dall'anno scorso a tempo indeterminato - racconta -. L'obiettivo del nostro progetto era sviluppare una stampante che funzioni in condizioni di assenza di gravità o di gravità ridotta, come ad esempio sulla luna, utilizzando leghe metalliche. Una tecnologia ha come potenziale applicazione la produzione di strumenti e parti di ricambio nella stazione spaziale internazionale, invece che dover spedire i pezzi di ricambio dalla Terra».


Finora nello spazio erano stati creati oggetti con filamenti di plastica, ma non con materiali ad alte prestazioni, in particolare metalli. E se è difficile spiegarlo in due parole, Andrea e il suo team guidato dal professor Günster, ha sperimentato una specie di pompa capace di stabilizzare la polvere di metallo (materia prima della stampante) per non disperderla nella cabina in assenza di gravità. E, mercoledì scorso, il test a bordo di un volo parabolico in Francia, nel quale per 22 secondi si sviluppa una situazione di micro-gravità. «Questi 22 secondi sono stati per noi sufficienti per depositare uno strato di polvere per ogni parabola, e in tal modo strato per strato (per 31 volte in una giornata) testare il funzionamento della nostra tecnologia». Risultato: è stata prodotta una mini-chiave inglese in metallo. E quello che sembra un giocattolo è diventato il primo passo per produrre componenti nello spazio.
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Il Gazzettino