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MESTRE - Andrea Venturini, il "mago" della chirurgia aortica, è il nuovo primario di Cardiochirurgia al Policlinico di Monza. E dunque la cattiva notizia è che se ne va uno dei migliori cardiochirurghi dell'Angelo, la buona è che comunque Cardiochirurgia di Mestre resta uno dei migliori reparti d'Italia e la prova sta nel fatto che continua a sfornare grandi primari.
Originario di Mantova, Andrea Venturini, 56 anni oggi, ha scritto il suo destino fin dalle elementari. «Tra i 9 e i 10 anni ho deciso di fare il cardiochirurgo. Non il medico, il cardiochirurgo. No, non c'erano camici bianchi in famiglia, mio papà ingegnere, mia mamma insegnante. Ma io ero affascinato dai miti di Christian Barnard, con il suo primo trapianto di cuore e poi di Gaetano Azzolina. Insomma non ho mai avuto dubbi o ripensamenti, volevo salvare cuori malati».
IL PERCORSO
E c'è riuscito. Dopo il liceo a Mantova, ecco Padova. «Medicina a Padova perché c'era il prof. Vincenzo Gallucci, un altro mio punto di riferimento». Laurea con il massimo dei voti e poi la specialità in cardiochirurgia. Quindi un anno in Inghilterra, a Sheffield dove Venturini mette a punto le nuove tecniche di intervento di chirurgia aortica. «Ma il salto di qualità avviene quando mi chiama Claudio Zussa, primario dell'allora neonata Cardiochirurgia di Mestre». Un cardiochirurgo di fama mondiale, il primo a mettere a punto la tecnica della riparazione della valvola aortica con corde in goretex. Zussa sperimenta questa nuova tecnica negli Stati uniti già nel 1985. Nessuno oggi si sognerebbe di non adottare il metodo messo a punto sugli animali e utilizzato per la prima volta sull'uomo dal canadese David Tirone che aveva visto operare Zussa a New York. E infatti Andrea Venturini è diventato uno dei più grandi esperti di un intervento che si chiama "David" e che consiste nella sostituzione della radice aortica. «Un tempo veniva fatto sostituendo anche la valvola aortica mentre adesso la valvola resta al suo posto.
IL BILANCIO
E sempre con il cuore in gola, tanto per restare in tema. «Non ci si può certo distrarre. Però la soddisfazione è enorme perchè senti che stai strappando una vita alla morte ed è quello che ancora ricordo di aver avuto in testa a 10 anni. A che cosa punto con il trasferimento a Monza? A consolidare la mia esperienza negli interventi di chirurgia aortica. Dall'Angelo vado via sereno e credo benvoluto da tutti. E a guardarmi indietro penso di aver fatto la scelta giusta quando ho deciso di fare il cardiochirurgo. Non mi sono mai pentito e ancora oggi in centro a Mirano trovo Mario, uno dei tanti che mi saluta con affetto perchè sa che gli ho salvato la vita. Credo che un medico non possa chiedere di più alla professione». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino