Ragazzina morì investita a 13 anni: vertici Anas condannati dopo 5 anni

Martina Bonavera
BELLUNO - Cinque anni di battaglia nelle aule di palazzo di giustizia. Due opposizioni alle richieste di archiviazione. Un’imputazione coatta ordinata dal giudice. Alla fine...

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BELLUNO - Cinque anni di battaglia nelle aule di palazzo di giustizia. Due opposizioni alle richieste di archiviazione. Un’imputazione coatta ordinata dal giudice. Alla fine la famiglia Bonavera ha avuto giustizia. Ieri pomeriggio poco prima delle 17 è arrivata la condanna per l’Anas, che non predispose una banchina, un percorso protetto, un ponteggio che avrebbe potuto salvare la vita alla tredicenne pallavolista Martina Bonavera. Alla sentenza il pianto liberatorio della mamma 

IL CASO
La ragazzina morì, il 9 marzo del 2013, investita sulla statale 50 a Giamosa, dal furgone condotto da Luciano Possamai, di Pedavena (condannato a 6 mesi). Ma, come dimostrato nel processo, che si è chiuso, i pedoni in quel tratto rischiavano la vita perché non avevano un percorso protetto. Se ci fosse stato Martina sarebbe viva, per questo il giudice Abngela Feletto ieri ha condannato i vertici Anas a 4 mesi di reclusione.
L’ACCUSA
Alla sbarra per omicidio colposo c’erano Ettore de Cesbron de la Grannelais, 44enne di origine napoletana dirigente area tecnica dal 2009 e Eutimio Mucilli, 58 anni capo Compartimento Veneto dal 2008 al 2013 (entrambi difesi dallo studio dell’avvocato Daniele Ripamonti di Milano, ieri sostituito dalla collega Raffaella Rizza). La Procura, nell’ultima udienza prima dell’estate quando ci furono le conclusioni del processo, aveva chiesto per entrambi la condanna a un anno e due mesi di reclusione. «È impossibile escludere che qualora ci fosse stata la passerella per i pedoni Martina non sarebbe morta», aveva detto il pm Sandra Rossi. Ieri quando si è aperta l’udienza in Tribunale a Belluno ha depositato, tramite il collega Gianluca Tricoli, delle repliche scritte sottolineando il nesso causale tra il mancato intervento di Anas e la morte di Martina. Hanno replicato poi l’avvocato Chiara Tartari di Treviso, che rappresentava i genitori di Martina, costituiti parte civile. E infine anche l’avvocato della difesa.
LA DECISIONE
Il giudice Angela Feletto si è presa due ore circa per la sentenza, pronunciata dopo le 16.30. Alla parola condanna era visibile il sollievo della madre, che si è girata verso parenti e amici che erano tra il pubblico. Poi il pianto liberatorio. «Martina non ve la restituirà nessuno - aveva detto un amico mentre attendevano la sentenza - ma speriamo almeno che sia fatta giustizia». Per i due imputati il giudice ha sentenziato 4 mesi di reclusione (motivazioni tra 30 giorni) con la condizionale ciascuno, la non menzione sul casellario giudiziale. Ha rinviato a una causa civile la decisione sul risarcimento danni per i genitori. Ha condannato gli imputati a pagare le spese processuali e la costituzione di parte civile (4mila 284 euro per ciascun genitore).
LE REAZIONI

«Siamo soddisfatti - ha dichiarato l’avvocato Chiara Tartari al termine del processo - è stata riconosciuta la responsabilità penale di Anas per non aver messo in sicurezza quel tratto di strada. Poi ha concluso: «Oggi ho vinto io, ma la lotta in precedenza l’ha fatta la collega avvocato Alessandra Gracis». Fu lei infatti ad opporsi per ben due volte all’archiviazione dell’inchiesta disposta dal pm Roberta Gallego. Era presente anche Bruno Colombo di Giesse risarcimenti (società bellunese leader nei settori risarcimento danni e responsabilità civile) che ha assistito fin dai primi giorni dopo la tragedia la famiglia Bonavera. «È una vittoria di tutti noi», ha concluso.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino