Travolti dall'amore nel fango di Forlì: il primo bacio in un magazzino e la vocazione all'aiutare gli altri

Andrea Pellizza e Cristina Nulchis
PORDENONE - Nel fango di Forlì due vigili del fuoco di Pordenone scattano foto e girano video nella "zona rossa" per documentare il disastro dell'alluvione...

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PORDENONE - Nel fango di Forlì due vigili del fuoco di Pordenone scattano foto e girano video nella "zona rossa" per documentare il disastro dell'alluvione dello scorso maggio. Sono Andrea Pelizza, originario di Creola (Padova), e il pordenonese Francesco Franz. Ultimata la missione Pelizza, invece di rientrare, decide di restare per aiutare alcuni amici di Forlì. Ed è in quei giorni, tra la melma di viale Bologna, che conosce Cristina Nulchis, volontaria biellese con le guance schizzate di fango: è amore a prima vista. «Ci siamo visti, piaciuti e comprati», scherza adesso Pelizza. Ma la sua Cristina gli ha fatto talmente battere il cuore che, una volta rientrato in Friuli, è tornato nuovamente a Forlì. Il 5 giugno il primo bacio nel magazzino di un artigiano. A fine ottobre il trasferimento nel Comando dei Vigili del fuoco di Forlì, precisamente nel distaccamento di Rocca, e ora l'appartamento tutto per loro, dopo l'iniziale sistemazione di fortuna tra i tanti amici incontrati durante l'emergenza.


IL VOLONTARIATO
«Ci siamo trovati sulla stessa frequenza», spiega Andrea Pelizza mentre la sua compagna è al lavoro in un'azienda dolciaria della zona. Un'onda, la loro, che propaga vibrazioni fortissime. Lei è una delle fondatrici di Mama Yovò, un'associazione di Vigevano impegnata soprattutto in missioni umanitarie in Africa, a sostegno dei bambini orfani. Lui - che a Pordenone ha prestato servizio nove anni e ancora ne ricordano il pieno di energia e l'impegno per i portatori di disabilità - è tra i fondatori della cellula "Luca Coscioni" pordenonese, nata nel 2021, oltre che un donatore di sangue. Sono reduci da un viaggio in Uganda, dove hanno portato aiuti a 130 bambini orfani, dei perfetti fantasmi per lo Stato africano, tanto che i giovani che si occupano della struttura devono provvedere a cibo, scolarizzazione e affitto. «Un'ottantina di bambini - spiega Pelizza - sono aiutati con il sostegno a distanza, bastano 25 euro per sostenerli. Vivono in casette di 50 metri quadrati, dove possono essere accolti tra i 35 e 50 bimbi. Abbiamo portato i regali e comprato dei letti a castello, riescono a sistemarsi in 3/4 per letto». È stato consegnato anche un pannello solare collegato a lampadine, nonché panche e tavoli per mangiare, perché prima mangiavano seduti su un telo».


LA BASE ROMAGNOLA
Il loro nido adesso è a Forlì. Una scelta naturale, perché Cristina Nulchis non volevo che fosse soltanto lui a sacrificare amicizie e a cambiare la propria vita per starle accanto. Quando si è aperta l'opportunità del trasferimento in Romagna, Pelizza non ci ha pensato due volte e il 18 luglio, durante il concerto Rockin'1000 organizzato per raccogliere fondi per gli alluvionati, per spedire la domanda di trasferimento ha fatto premere il tasto di invio alla sua compagna. Non poteva che essere Forlì la loro destinazione finale. Quando Pelizza scattava foto per documentare il disastro, senza saperlo ha immortalato tutti i luoghi in cui si è poi ritrovato con la volontaria che spalava fango. Insomma, predestinati.


IL SOGNO


Nel loro cuore c'è anche Benisha - come è stato raccontato in una puntata del programma "L'ora solare" (Tv 2000) - una bambina di cinque anni a cui Cristina è legatissima e che vive nell'orfanotrofio in Uganda. Sognano di portarla in Italia, anche se le procedure di adozione sono complicate. «Adesso ci siamo sistemati - promette Pelizza - Poi vedremo». Ad aprile torneranno in Uganda per festeggiare il sesto compleanno della piccola, una missione di 14 giorni a cui parteciperanno anche due volontari di Pordenone e sulla quale per ora il vigile del fuoco non vuole dare indicazioni. Chissà che dopo la magia di viale Bologna, a Forlì, la coppia non riesca a centrare un altro importante traguardo. «Alla fine - dice Andrea - quello che cerchiamo di trasmettere è speranza. Se il nostro esempio trascinasse altre persone lunga la strada della solidarietà, il nostro obiettivo è raggiunto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino