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FELTRE - «Se devo morire lo voglio fare tra le mie vette». Questo aveva confessato agli amici, Giovanni Marcon, 49 anni originario di Agana di Fonzaso, residente a Feltre. Una passione che è risultata fatale venerdì quando l’uomo, mentre scalava il Monte Bianco, a 4mila metri di quota è precipitato nel vuoto perdendo la vita. La tragedia che ha scosso due comunità: quella di Feltre dove Giovanni viveva insieme alla compagna a Villabruna e quella di Fonzaso, dove l’uomo era nato e ha fatto gli studi fino alle medie e dove tutti ricordano la sua voglia di vivere e di avventure. Amava camminare, correre e arrampicare in montagna. Attività che svolgeva sempre non appena aveva un po’ di tempo libero dal lavoro in Luxottica.
LA TRAGEDIA
Le ferie estive e la voglia di salire in cima alle montagne per seguire quella che era la sua passione: l’arrampicata. È per questo che il 49enne feltrino, Giovanni Marcon, è partito nei giorni scorsi per la Francia con l’obiettivo di scalare il Monte Bianco. Una meta ambita da tanti alpinisti per gli splendidi panorami che offre. Giovanni però non sapeva che lì avrebbe trovato la morte. La tragedia è avvenuta venerdì pomeriggio, 20 agosto, sul versante francese del Monte Bianco, a 4.000 metri di quota.
IL RICORDO
Giovanni Marcon, 49 anni, era originario della frazione di Agana, nel comune di Fonzaso. Successivamente la famiglia si è trasferita a Feltre. Lo stesso Giovanni viveva a Villabruna da un mese, insieme alla compagna in una casa comprata recentemente. Ha iniziato i suoi studi superiori all’Iti Negrelli di Feltre per poi decidere di cambiare, e frequentare l’istituto Rizzarda. Ed è lì che ha affiatato la sua amicizia con Federico Zannin. «Abbiamo frequentato il Rizzarda insieme – racconta l’uomo -. Era sempre allegro e spiritoso. Dopo le scuole ci vedevamo più raramente ma tenevamo i contatti attraverso facebook; ci scambiavamo qualche battutina come spesso accade sui social. Viene quasi da ridere a pensare come ci punzecchiavamo». Da anni Giovanni era dipendente della Luxottica, nello stabilimento di Sedico. Persona sempre solare, spiritosa ed allegra, aveva un’unica grande passione: quella dell’alpinismo. Non c’è vetta, nel bellunese, che lui non abbia scalato. Anche in quei giorni in cui la nostra penisola era stretta nella morsa della pandemia lui fuggiva nella tranquillità e nella solitudine delle vette. «Lavoravo con lui da tanti anni – racconta Nadia, una collega di lavoro -. Lo conoscevo bene. Era una persona disponibile, allegra, con la battuta sempre pronta. Era bello passare del tempo con lui». Nadia ricorda: «Amava camminare, correre, arrampicare in montagna. Anche andare in bicicletta. Era un grande sportivo. Mi ha confessato più volte che avrebbe voluto andarsene tra le sue amate montagne. La notizia di questa tragedia ci colpisce nel profondo».
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Il Gazzettino