TREVISO - (P. Cal.) «Non sono alpini, ma giovinastri che si mettono in testa il cappello con la penna nera solo per fare casino. Sono poi sempre i soliti». ...
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Per i baristi della città questa tre giorni di Adunata è un frullato di emozioni: da un lato i guadagni indiscutibilmente elevati, dall'altro lo stress e la fatica di restare sempre aperti per massimizzare le entrate e garantire comunque un servizio a una massa di gente impressionante e in giro a tutte le ore. Ma sono proprio loro, da dietro ai banconi, a fare i conti con chi ha poco a che fare con spirito e valori alpini.
Di episodi ce ne sono a non finire. Dal bar con il bagno devastato a pochi passi dal Duomo, al centralissimo Signore e Signori, che ha dovuto fare i conti con un gruppetto di ragazzini che ha tentato di non pagare il conto di alcuni caffè. Per non parlare del barista, sempre nel cuore della città, che ha ricorso per qualche metro un cliente scappato senza pagare. I baristi hanno fatto asse per questa tre giorni così dispendiosa, si sono scambiati opinioni. E sono arrivati a una conclusione: quelli non sono alpini.
«No - dice Renato, della pasticceria di via Toniolo - con gli alpini si lavora bene. Arrivano con grandi compagnie, si mettono a sedere e consumano. Non ci sono intemperanze, sono gente allegra, ma tranquilla. Però a una certa ora, diciamo verso le tre, se ne vanno a letto. E in città restano gli altri, i ragazzetti che mirano solo a fare casino. Magari hanno il cappello alpino in testa, ma si vede che con gli alpini veri non hanno niente a che fare. E poi sono sempre i soliti». Il problema è che queste bande si confondono alla grande in mezzo alla folla, approfittano dell'allegria dell'Adunata per fare i loro comodi. Ma nemmeno loro riusciranno a scalfire l'immagine delle penne nere. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino