L'abbraccio dei mille per Lisa, la 18enne morta nel sonno

La folla oggi ai funerali di LIsa Collazuol
ALPAGO - «Ho 86 anni, ma in vita mia, qui a Tignes, non ho mai visto così tanta gente ad un funerale», alla mesta considerazione di un anziano vicino di casa...

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ALPAGO - «Ho 86 anni, ma in vita mia, qui a Tignes, non ho mai visto così tanta gente ad un funerale», alla mesta considerazione di un anziano vicino di casa della giovane defunta, fa eco un’altra voce amica che tra le lacrime si chiede: «Chissà se Lisa sapeva di avere tutti questi amici». 

Frasi pronunciate sommessamente nel silenzio toccante di almeno mille persone stipate in ogni angolo disponibile attorno alla piccola chiesa di Tignes dove don Moreno, oggi 3 febbraio, ha celebrato la messa scosso dai singhiozzi. Anche lui, uomo di provata fede, ha dovuto fare i conti con l’accettazione di una scomparsa così prematura e per questo umanamente inammissibile.
L’ultimo atto di Lisa Collazuol, la 18enne morta nel sonno mercoledì all’alba, ex rugbista gialloverde e studentessa al Flaminio di Vittorio Veneto, si è consumato ieri tra centinaia di volti terrei. Il paese è stato bloccato per tre ore, immerso nel lutto cittadino proclamato dal sindaco Umberto Soccal, presente alle esequie. 
IL RITO FUNEBRE
Il feretro arriva alle 15 in punto. Ad attenderlo c’è mamma Natascha. Sulla bara di legno chiaro c’è la sua maglia di squadra col numero 9 e un cuscino a forma di cuore adorno di rose pallide e ramoscelli. Poi il portellone si apre, la mamma si avvicina, accarezza il feretro e deposita sopra la maglia rosso-amaranto della selezione veneta di rugby. La piega con cura, lentamente, come a voler prendere altro tempo ad un tempo andato. La sua forza tocca più del pianto. Poi arriva papà Enrico, vicino a lui gli amici più cari che sembrano volerlo sorreggere. 
Sono i rugbisti gialloverdi a portare il feretro in chiesa tra le ali dei compagni schierati in divisa. C’è anche una rappresentanza del Rugby Belluno.
«Ci troviamo qui impotenti in queste ore e in questi giorni - esordisce don Moreno con la voce rotta dal pianto -. Impotenti ma anche forti perché uniti tra noi. Lisa ci ha messo a terra, lasciandoci senza parole. Ma questa morte ci riporta al valore della vita, da amare e custodire da vivere in pienezza, essendo contenti di ogni giornata vissuta e di quanti ci stanno vicino. Continuiamo a parlarci così, come in queste ore». Don Moreno fa riferimento al dono di Lisa di aver liberato i sentimenti di solidarietà e vicinanza in una comunità, facendone una sola grande famiglia, spronando tutti a non abbandonare la virtù del volersi bene.
«E adesso che sei lassù - ha concluso il prelato - guarda a noi e quando riesci dacci anche qualche scrollata. Che la tua giovinezza possa ora rifiorire nella casa del Signore».

Poi la fine della funzione e l’inizio di un incubo: lasciar andare per sempre Lisa dopo averla affidata al rito della cremazione. Papà Enrico non riesce a staccarsi dalla bara. Un passo indietro anche mamma Natascha, l’apparente “roccia” che spiega di come Lisa le stia trasmettendo forza. Le loro mani accarezzano più volte il feretro stabilendo quella magia di amorosi sensi che non conoscono tempo e distanza, che accompagneranno per sempre la vita di mamma e papà. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino