In 70 anni dal disastro dell'alluvione alla ricostruzione e allo sviluppo

Il curatore Francesco Jori illustra il plastico del disastro
ROVIGO - Apre oggi a palazzo Roncale “70 anni dopo. La grande alluvione”. La mostra, promossa dalla Fondazione Cariparo, è a cura di Francesco Iori con la...

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ROVIGO - Apre oggi a palazzo Roncale “70 anni dopo. La grande alluvione”. La mostra, promossa dalla Fondazione Cariparo, è a cura di Francesco Iori con la collaborazione di Sergio Campagnolo ed è in programma fino al prossimo 30 gennaio. «A 70 anni di distanza, ricordare oggi quell’evento è un dovere sociale: non solo - spiega il presidente della Fondazione Cariparo Gilberto Muraro - per ripercorrere una cronaca che si è fatta storia, ma per capirne la genesi e riflettere sull’eterna e disattesa urgenza di rispettare i fiumi e l’ambiente». La mostra al Roncale è anche l’occasione per capire che cosa sia rimasto di quelle pagine di storia nel dna sociale e personale dei polesani: quelli che hanno continuato a vivere in Polesine, e quelli costretti a crescere altrove.



I PROFUGHI

Nel periodo tra il 1936 e il 1981, con l’alluvione di mezzo la demografia della provincia vide scendere infatti la popolazione sotto i 14 anni dal 36 al 19% del totale, e quella sopra i 65 anni salire invece dal 6 al 15%. Infatti se nel 1951 i residenti erano 357.963, vent’anni dopo erano diventati 251.908: il Polesine contò ben 180 mila profughi nelle prime fasi dell’alluvione e i numeri mostrano così quanti non tornarono più. La provincia perse dunque un’intera generazione oltre a 300 miliardi di lire in danni economici: una cifra che oggi varrebbe 5,36 miliardi di euro, quasi quanto gli investimenti previsti dal governo in manovra di bilancio per incrementare tra il 2022 e il 2024 il Fondo sanitario nazionale in epoca Covid.



I MORTI

La stima dei morti dell’alluvione del ‘51 non è precisa. Furono almeno 84 solo nell’incidente che coinvolse il “camion della morte”, inviato a raccogliere alluvionati e bloccato dalle acque da un incidente meccanico a Frassinelle. In totale si contarono oltre 100 morti e le statistiche direbbero che furono “pochi” in proporzione a una catastrofe con 8 miliardi di metri cubi d’acqua che dalla sera del 14 novembre allagarono in 11 giorni 100 mila ettari della provincia di Rovigo, cioè il 55% della superficie. Fu un evento che bloccò il territorio, ripresosi restando estraneo all’esplosione industriale che dagli anni 60 mutò il Veneto. Solo nel 2007 il prodotto interno lordo pro capite dei rodigini ha superato la media nazionale e il tasso di crescita s’è allineato agli standard regionali. Così, «lo spirito di questa mostra - ha spiegato ieri il presidente Muraro alla presentazione stampa - ha occhi che guardano con la vicinanza del tempo e l’orgoglio di avere recuperato».

LA SICUREZZA

«Il Polesine è oggi tra le terre più sicure dal punto di vista idrogeologico, per investimenti fatti e ordinarie manutenzioni», ha aggiunto l’assessore regionale Cristiano Corazzari. Per il prefetto Clemente Di Nuzzo è necessario «ricordare per proiettarsi nel futuro, e spostare più in alto le soglie di sicurezza e benessere». E secondo la consigliera provinciale Ilaria Paparella «i risultati ottenuti dopo una simile tragedia danno una visione del futuro favorevole, grazie a quanti hanno alzato la testa e grazie al contributo di chi continua a rendere il Polesine sempre più fertile» come indicano sia le installazioni che concludono la mostra, dedicate a industria e agricoltura, ambiente, cultura e istruzione, sia la staffetta tra le foto di Nino Migliori datate 1958 sui passi nel dopo alluvione e gli scatti recenti di Marco Beck Peccoz.

La mostra riserva a piano terra un plastico del corso del Po in Polesine, e affianca uno schermo dove scorrono cinegiornali dell’Istituto Luce. E dopo una selezione di giornali e riviste d’epoca in alcune teche al primo piano - tra cui la celebre copertina realizzata da Walter Molino per la Domenica del Corriere del 2 dicembre 1951 - all’ultimo piano del Roncale si è accolti dalla foto che ritrae un fotoreporter: è circondato dalle acque ma vestito di tutto punto con cappello, giacca e cravatta in un abominio di devastazione, perché la catastrofe arrivò nella terra che aveva il prodotto interno lordo più basso nel nord Italia. L’ingresso alla mostra è gratuito, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19, mentre sabato, domenica e nei festivi l’apertura è fino alle 20. È consigliata la prenotazione telefonando allo 0425 460093.
 

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Il Gazzettino