PORCIA - Pignorato a vita con una cartella esattoriale da 3,6 milioni di euro, la difesa dell'ex allevatore di galline di Porcia va al contrattacco e chiede...
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Nel 2008, quando ormai era operaio part time, Gian Giacomo Comirato si è visto recapitare a casa una cartella di Equitalia da 3,6 milioni di euro.
Nel 2007 la Guardia di Finanza avviò un'indagine sull'azienda ormai chiusa di Comirato, effettuò un sopralluogo sul capannone di Porcia e, trovandolo vuoto, ne dedusse che egli non fosse un allevatore, ma un commerciante. I bilanci della piccola azienda vennero dunque rivisti con il regime fiscale ordinario previsto per l'impresa commerciale, ben più oneroso di quello del piccolo imprenditore agricolo e gli venne così contestata l'omissione dei versamenti Iva, Irpef ed Irap per gli anni dal 2001 al 2005, sulla base di una evasione fiscale in realtà mai operata. L'iter è proseguito tra ricorsi e impugnazioni.
Nel luglio del 2013 è partito il pignoramento del quinto del suo stipendio (600 euro al mese) e di tutto quello che possiede, ovvero i mobili dell'appartamento in cui vive con la moglie e un figlio piccolo, appartamento che in realtà ha ereditato la moglie dai genitori. Da quel momento la vita di Comirato e della sua famiglia si è trasformata in un incubo.
La battaglia legale di Comirato è curata dagli avvocati Luca Stramare e Loris Tosi dell'omonimo studio di Pordenone che non intendono arrendersi. «A questo punto bisogna considerare quale sia il reale interesse dell'ufficio stesso - affermano i legali - se mantenere in vita un insieme di atti che generano una pretesa tributaria sproporzionata e che non verrà mai soddisfatta, oppure ricostruire un rapporto di collaborazione e di legalità con il contribuente. Ci sono molteplici ragioni - concludono - per cui l'ufficio debba procedere con un autonnullamento degli atti impositivi finora subiti dal nostro cliente». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino