TREVISO - L'allerta meteo non è ancora finita. Dopo la piena del Piave, le piogge continuano. E ora si guarda con timore anche alle falde. Il livello dell'acqua...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
LE RASSICURAZIONI
Il Consorzio di bonifica Piave ha ben presente i rischi legati alle falde. Il presidente Giuseppe Romano predica calma. Ma il monitoraggio è già iniziato. «Stiamo controllando il livello delle falde attraverso i nostri pozzi», conferma Romano. Al momento non ci sono problemi. Ma se continuerà a piovere, chissà. «Ormai dobbiamo capire che il riscaldamento globale è un dato di fatto: avremo sempre più fenomeni con aspetti di tropicalizzazione del clima avverte Boccalon questo non vuol dire altro che precipitazioni più intense in tempi più brevi. Ce ne stiamo accorgendo sulla nostra pelle. Eventi come quello appena passato si ripresentano uno o due volte ogni secolo. Anzi, d'ora in poi ci dobbiamo attendere eventi anche più intesi di quelli che stiamo vivendo». Cosa si può fare? La parola d'ordine è ancora una volta prevenzione. «Siamo diventati bravissimi a gestire l'emergenza dice il geologo in quest'occasione tutta ha funzionato bene: la comunicazione, l'allerta, la decisione di chiudere le scuole per limitare il traffico e consentire ai soccorsi di muoversi. La gestione dell'emergenza funziona egregiamente. Quello che non funziona, purtroppo, è la macchina della prevenzione».
DISSESTO IDROGEOLOGICOL'ultimo rapporto sfornato dall'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha evidenziato che oltre 112mila trevigiani abitano in aree a rischio di dissesto idrogeologico. Più di 42mila famiglie. Circa il 13 per cento della popolazione. «Sono dati che dovrebbero far riflettere», sottolinea Boccalon. «Quando si fanno le pianificazioni bisogna tener presente che ci sono aree a rischio idraulico. Non c'è niente da fare: sono le aree di espansione dei fiumi, e i fiumi prima o poi se le riprendono continua la cementificazione ha sottratto ai fiumi aree di divagazione. Ed è chiaro che più si asfalta e più si impermeabilizza il territorio, più aumenta l'acqua che resta in circolo. E visto che, come per i terremoti, non possiamo incidere sui fenomeni meteorologici, bisogna limitare l'esposizione per limitare i rischi». A parole non pare nemmeno troppo complicato. «Per ridurre l'esposizione bisogna diffondere la memoria storica conclude Boccalon se prendessimo i giornali locali di un secolo fa, potremmo mappare l'80 per cento dei problemi idrogeologici avvenuti in questo territorio. Se attraverso i registri antichi, a cominciare da quelli delle parrocchia, ad esempio, riuscissimo a risalire fino a 500 anni fa, arriveremmo a mappare il 95 per cento. Così copriremmo la casistica delle cose che stanno capitando adesso. E poi si dovrebbe pianificare lo sviluppo urbanistico delle città e dei paesi in base a questa. A loro modo lo facevano già i nostri nonni. Poi noi abbiamo perso la memoria storica. Dobbiamo tornare a coltivarla: non ci sono alternative. L'importante è iniziare a ragionare entrando in questa ottica. Non abbiamo più molto tempo».
M.Fav Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino