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VENEZIA - Dopo il Natale in Afghanistan nel 2019 e quello in trincea Covid del 2020, Alessandro Benvegnù, 37 anni, si appresta al suo terzo Natale in prima linea. Benvegnù è coordinatore infermieristico all’ospedale di comunità e padiglione Fassina di Noale e oggi si appresta a vivere la festa della famiglia per antonomasia con la sua “nuova famiglia”, cioè i colleghi della squadra con cui lavora. « Il tratto comune tra Afghanistan e covid - racconta - è la lotta contro un nemico che non molla. Tutti i giorni lì ti svegli e sai che curi pazienti di guerra. Qui il virus è presente e si evolve anche lui, come quando ero lì, so che ogni giorno c’è una battaglia da combattere, senza pensare a quando finirà, ma consapevoli che prima o poi finirà».
A spaventare l’infermiere è la stanchezza, il vero pericolo: «Siamo stanchi e dobbiamo mantenere alta l’attenzione.
Non sarà un Natale facile, quello di chi si trova al fronte: «C’è preoccupazione, vediamo che non siamo arrivati al picco dell’ondata, siamo preoccupati non per non farcela, ma per quello che dovremo affrontare. Ma lo faremo». E poi ci sono i pazienti, che non possono abbracciare i propri cari: «La difficoltà è l’isolamento, hanno solo noi come punto di riferimento, la famiglia è stare insieme, ma per chi è lì non è così». Proprio l’isolamento è quello che non vorrebbe più vedere: «La cosa dura è affrontare la solitudine dei pazienti nei reparti covid. Noi abbiamo corsi da parte dell’azienda per superare lo stress, assieme alla squadra aiutano».
Il Gazzettino