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COLLE SANTA LUCIA - Vassoi al posto delle braccia, rotelle al posto della gambe e solo 3 ore per ricaricarsi. Il suo punto debole? Forse i gradini, ma con calma supera anche quelli. Si chiama Bob ed è il primo robot assunto in quota. Da qualche giorno, infatti, lavora al Berghotel, nel cuore delle Dolomiti, agli oltre 2mila metri del Passo Giau. Ma guai a chiamarlo cameriere. «Per me è una macchina che si muove – spiega Igor Valleferro, titolare del Berghotel – è uno strumento in più che ci ha reso la vita più semplice. Certo, non apre una bottiglia, però riesce a portarla da qui a lì ed è di grande aiuto».
Igor Valleferro, l’idea non è nuova ma Bob è sicuramente il primo robot delle Dolomiti.
«Sì qui è una novità, ma arriva dall’Oriente e lo vendono da qualche anno, anche agli ospedali, dove non fanno altro che portare qualcosa da un punto all’altro. Io mi sono informato online, ne avevo già visti diversi in giro per il mondo, e poi ho trovato Bob. Li vedremo sempre di più e non solo al ristorante».
Sta dicendo che tra qualche anno, al ristorante, saremo accolti dalle macchine?
«No, secondo me questi robot non sostituiscono l’uomo, ma lo valorizzano. Nel mio caso mi sono liberato di certi lavori noiosi, delle corse, eccetera, in modo da potermi dedicare ad altre che mi piacciono. Il robottino Bob farà il lavoro più pesante e noi avremo più tempo per le persone».
Ma, concretamente, cosa fa?
«È una sorta di vassoio automatico che si muove da solo. Gli dici di andare fino al tavolo e ci va. Siamo contenti. È un aiuto: stamattina, mentre sparecchiavo i tavoli a colazione, l’ho caricato e gli ho detto di portarli in cucina. Ovviamente non prepara un piatto, ma lo trasporta nel punto in cui lo deve trasportare». Qualche mese fa eravate in crisi per la mancanza di personale, ora c’è Bob. C’è un collegamento tra le due cose?
«Beh, tutti abbiamo problemi di personale.
Colpa del lavoro troppo faticoso? O dello stipendio troppo basso?
«Ho sempre applicato le normative italiane, con giorno libero, alloggio, e tutto il resto. Il problema di chi arriva dall’estero è che hai difficoltà a metterli in regola, c’è il decreto flussi, ma è complicato. Arrivano ragazze dalla Moldavia, dalla Romania. Ricevo chiamate anche dall’India. Nella mia squadra di 10 dipendenti, solo 4 sono italiani».
Da qui, la decisione di acquistare Bob?
«La robotica mi fa un po’ paura, se devo essere sincero, però ci dà una mano. Siamo pochi e ci rende la vita più semplice. Qui ci sono spazi ampi ma passa anche in zone strette, se trova una persona la evita, ha i radar e una mappa. La ricerca di persone, tuttavia, resta. Una cosa è trasportare prodotti, un’altra saperli vendere».
Come hanno reagito i clienti?
«Qui ci sono tanti stranieri. Oggi c’è una comitiva di cinesi, ad esempio, e per loro è normale, non li ho visti impressionati. Chi viene qui, di solito, vive nelle metropoli e certi servizi li ha già visti. Per me, comunque, rimane una cosa positiva. Pensiamo ai palmari: sono stato uno dei primi ad acquistarli anni fa e ora li usano tutti».
Accadrà lo stesso con Bob?
«Beh io sto già pensando di prenderne un altro. Devo organizzare il lavoro bene, altrimenti non riesco nemmeno ad aprire la porta, e ho bisogno di lavorare. Le spese sono fisse. Magari anche una macchina per fare le pulizie, ho sentito che ne stanno progettando di più moderne rispetto agli attuali robottini tondi. Parliamoci chiaro: se devo assumere qualcuno a 2mila metri, poi lo devo farlo alloggiare in paese, dargli una macchina e via di questo passo».
Certo, tolto l’investimento iniziale, è sicuramente un abbattimento di costi. E dopo il robot che fa le pulizie qualche altro desiderio?
«Ho chiesto una versione di Bob con le catene e la fresa da neve (ride, ndr): sarebbe il massimo». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino