Chiude dopo 47 anni la storica trattoria "Ai Cacciatori" di Cavasso Nuovo

"Speravo che i miei dipendenti volessero continuare l'attività. Niente da fare. Io non ce la faccio a reggere questi ritmi"

Daniele "Danél" Corte con la moglie Angelina Zecchini
Secondo Carlo Cracco, celeberrimo chef stellato, sangue vicentino ma milanese da sempre, in Italia ci sono troppi ristoranti e "sono troppo pochi quelli che chiudono"....

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Secondo Carlo Cracco, celeberrimo chef stellato, sangue vicentino ma milanese da sempre, in Italia ci sono troppi ristoranti e "sono troppo pochi quelli che chiudono". Ecco perché, dice, non si trova personale ed è problematico procurarsi anche gli ingredienti. Detto fra l'altro - da uno che di ristoranti ne ha già aperti (e chiusi) più di qualcuno e, quindi, un po' se ne intende.


Di sicuro ci sono insegne che non dovrebbero chiudere mai e che, purtroppo, devono invece arrendersi ai casi dalla vita, agli imprevisti, alla salute che tradisce all'improvviso, in un giorno di ottobre qualunque, lasciando una quantità di orfani non solo di buoni bocconi ma, soprattutto, di belle atmosfere, accoglienze amorevoli ed emozioni che, in fondo, sono le cose che più di tutte i clienti cercano.

Uno di questi è "Ai Cacciatori", la bella, storica, premiatissima trattoria di Daniele Corte ("Danèl" per tutti, classe 51, 72 anni a novembre) e della moglie Angelina Zecchini, che esattamente un mese fa ha cessato l'attività, lasciando un vuoto non solo a Cavasso Nuovo, la località in provincia di Pordenone famosa (anche) per le sue cipolle, ma soprattutto fra gli appassionati che arrivavano da tutto il Friuli Venezia Giulia e dal Veneto per scoprire (e poi per tornarci più volte) un'insegna amatissima, da 15 anni fra le migliori trattorie d'Italia per il Gambero Rosso, mentre la guida Slow Food la insigniva con il simbolo di eccellenza, la chiocciolina, e la Michelin le assegnava il Bib Gourmand, per l'ottimo rapporto qualità-prezzo.


Problemi seri

"Ai Cacciatori" chiude perché Daniele dopo un serio problema di salute non è più in grado di fare quello che ha sempre fatto: padrone di casa come pochi, regista e anima instancabile della sala, uno dei motivi (certo, non il solo) che aveva fatto grande la trattoria. E perché, a detta non solo dei clienti ma, per primi, dei suoi dipendenti, senza di lui "Ai Cacciatori" non era e non sarebbe più stata la stessa cosa. Così, il 30 giugno, con la morte nel cuore e mentre ne parla e racconta gli sale un groppo in gola Daniele si è arreso: «Speravo che i miei dipendenti volessero continuare l'attività, l'avrei ceduta a loro, niente da fare. Io non ce la faccio più, mi sento un miracolato ma non sono più in grado di tenere i ritmi che servono».
Tutto era cominciato agli inizi degli anni settanta: nativo di Torviscosa (Udine), Daniele suonava la batteria in un'orchestra, girava il mondo e capitò per caso a Cavasso Nuovo per un concerto, incontrò Angelina e se ne innamorò. Quattro anni più tardi erano sposati. La storia de "Ai Cacciatori" inizia invece nel 1976, l'anno del terremoto in Friuli: «Costruii un prefabbricato a spese mie, in piazza, con i materiali forniti da mio suocero e cominciai a offrire cicchetti, ombre e fritturine». L'idea funzionava, il prefabbricato divenne una trattoria (il trasferimento nella sede poi diventata storica è del 1992), Angelina cominciò a cucinare, e da autentica autodidatta sarebbe diventata una bravissima cuoca: «Ce l'aveva nel sangue senza saperlo, ora mi fa da badante» sorride.


Lui, invece, cominciò a girare per il territorio, a cercare cose buone (fu fra i primi a rivalutare e far conoscere la Pitina), a costruire una cantina sempre più bella e importante («Che piano piano sto smaltendo, soprattutto ad appassionati, ma qualcosa per me lo tengo perché un goccio ogni tanto mi è permesso») e, passo dopo passo, anno dopo anno, a mettere in piedi quello che sarebbe diventato uno dei più importanti riferimenti della grande cucina italiana di paese. Un'insegna senza stelle («Quelle cazz...di stelle», sempre per citare Cracco, e qui si può anche essere d'accordo), eppure luminosa come poche. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino