OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
TREVISO I tentacoli delle agromafie si allungano anche su Treviso. Partecipazioni in aziende in difficoltà, prestiti a tassi di usura, imprese rilevate con soldi sporchi: da possibilità sono diventati veri e propri pericoli. E un territorio che si pensava fosse immune dalle organizzazioni mafiose si scopre invece essere una nuova prospettiva di guadagno per la criminalità organizzata. Sono oltre 600 le aziende a rischio, secondo il rapporto della Guardia di finanza riguardo i primi sei mesi della pandemia. Se in altre zone d'Italia il business dei rifiuti sembra essere quello più appetibile per le mafie, non a caso ribattezzate ecomafie, a Treviso l'attenzione si è posata sull'agricoltura e sul comparto agroalimentare. E non si parla solo di caporalato, l'unico sistema finora venuto realmente a galla nel trevigiano. La crisi legata alla diffusione del Covid-19 ha accelerato l'interesse delle organizzazioni criminali a entrare nel tessuto economico della Marca.
I NUMERI L'allarme è stato lanciato dalla Coldiretti di Treviso che è scesa in campo contro questo pericoloso fenomeno assieme alla Camera di commercio di Treviso e Belluno. Il dato da cui è partita la riflessione, reso pubblico durante il convegno online Emergenza Covid: tra illegalità e bisogno di sicurezza alimentare, è indicativo di come la criminalità organizzata stia puntando la Marca. In soli sei mesi, prendendo il periodo compreso tra marzo e agosto, in provincia di Treviso sono nate 1.608 nuove ditte individuali, sono state registrate 478 nuove persone giuridiche con 874 tra amministratori e soci.
I PERICOLI In provincia di Treviso la Coldiretti conta 14mila iscritti. Un parterre che spazia dall'agricoltura al florovivaismo passando per l'allevamento. Piccole, medie e grandi aziende che non sono abituate a riconoscere le organizzazioni criminali. Non ne conoscono i metodi, gli approcci, i ricatti. E nemmeno le intimidazioni. Sapere come si muovono le organizzazioni significa bloccare sul nascere i rischi prima di ritrovarsi invischiati in rapporti illeciti senza più possibilità di fuga. Al convegno online di Coldiretti e CCIAA (presenti i due presidenti Giorgio Polegato e Mario Pozza) hanno partecipato 200 imprenditori agricoli trevigiani che sono stati messi in guardia dalle infiltrazioni che anche nella Marca non sono più solo una chiacchiera. Il quadro generale dei pericoli è stato presentato dal prefetto di Treviso, Maria Rosaria Laganà, dal comandante provinciale della guardia di finanza Francesco De Giacomo, dal presidente del comitato scientifico dell'Osservatorio Agromafie, Gian Carlo Caselli, e da altri due componenti dell'Osservatorio, Fabrizio Di Marzio e Marcello Fracanzani.
LE AZIONI Il fronte dei prestiti a tassi d'usura è il più riconoscibile, e in realtà anche il più contrastabile. Sta all'imprenditore, anche se in difficoltà, cercare vie legali per ottenere prestiti. Più complesso è riconoscere il nuovo socio o la nuova azienda che cerca di acquisire quote societarie. Le più vulnerabili sono sempre quelle più in crisi. Ma le agromafie si muovono anche su altri terreni, molto più difficili da individuare. Lo sanno bene i carabinieri del Nas: adulterazioni, sofisticazioni, false etichettature e contraffazioni dei marchi di tutela sono le principali fonti di guadagno delle organizzazioni che operano nell'agroalimentare. Ma le mafie, come ribadito nel convegno con gli imprenditori, mirano a un livello più elevato: il controllo della filiera. Al di là delle attività legate al caporalato, anche il monopolio (o comunque l'assoggettamento) del trasporto su gomma è uno degli obiettivi. In questo modo riescono a garantirsi bassi compensi per gli agricoltori e prezzi alti per i consumatori. Controllando la filiera, poi, sono in grado di fare pressioni sui mercati ortofrutticoli e imporre prodotti alla grande distribuzione.
Leggi l'articolo completo suIl Gazzettino