ROVIGO - In Polesine sta aumentando il numero dei giovani in agricoltura, con 200 imprese agricole professionali condotte da under 40, l’8% del totale secondo i dati...
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«Dal 2024 sono in arrivo 15 milioni all’anno, a livello nazionale, per favorire il primo insediamento dei giovani nel primario, al netto dei fondi già previsti dal Programma di sviluppo rurale. L’obiettivo è il rilancio del sistema produttivo agricolo anche mediante appositi interventi finalizzati alla permanenza dei giovani nella filiera, oltre che il ricambio generazionale». Fra i punti qualificanti della nuova legge quadro, evidenzia il presidente Erri Faccini, il fatto che «sarà possibile finanziare, con un’importante defiscalizzazione, i costi sostenuti per la formazione: nell’attuale contesto socioeconomico per un imprenditore agricolo è strategico avere nozioni di finanza e marketing. Il notevole risultato raggiunto grazie a questa normativa dimostra che la transizione agricola va costruita assieme agli agricoltori».
I PUNTI CRITICI
Il problema è la redditività, come per il latte. «Produrre un litro di latte costa tra i 55 e i 60 centesimi al litro, tuttavia agli allevatori ne vengono riconosciuti 52: lavorano in perdita». Un paradosso se si pensa ai rincari dei prezzi al consumo. Ma dietro alla crescita dei prezzi non ci sono aumenti di redditività di chi produce. «Il caso più eclatante è quello del cavolo cappuccio: all’imprenditore agricolo vengono riconosciuti 30 centesimi al chilo, mentre sugli scaffali dei supermercati polesani si trova a 1,99 euro, per un rincaro di un più 563%. Per le patate all’agricoltore viene riconosciuto un euro al chilo, quando nei market vengono vendute a un prezzo medio di 3,60 al chilo (più 260%). Per quanto riguarda le carote, al produttore vanno 70 centesimi al chilo, ma sono vendute a 1,99 euro (più 184%). La lista sarebbe lunga, nella filiera dal campo alla tavola si verificano dei rincari che talvolta risultano difficili da intercettare».
Questo dopo che l'annata agraria 2023 si è chiusa con «molte ombre e poche luci per il primario polesano. Il valore complessivo della produzione lorda agricola della provincia viene stimato in circa 700 milioni di euro, più 2,4% rispetto al 2022», che era stato un anno pesantemente negativo. E calano le imprese agricole, meno 1,8%, e gli occupati, meno 5,6%.
Per quanto riguarda le colture, «il Polesine si conferma al primo posto a livello regionale per superficie a frumento duro, aglio, carota e colza, giù la produzione di quella che fino a un decennio fa era la principale coltura del territorio, il mais, ora su una superficie di “soli” 22.700 ettari, meno 13%: si tratta di una coltivazione idroesigente, la perdurante siccità del 2022 ha fatto mutare la programmazione agraria, i costi di irrigazione sarebbero stati altissimi».
Faccini nota come «gli imprenditori stanno attraversano un momento di forti difficoltà tra rincari delle materie prime agricole e dei costi dell’energia e gli effetti negativi dei mutamenti climatici. Oltre alla questione dell’equo reddito: fatto 100 il prezzo di un prodotto sugli scaffali dei supermercati, all’agricoltore rimane solo il 10%. La Cia Rovigo ha predisposto un “manifesto” che verrà illustrato alle autorità. In primo luogo è necessario redistribuire il valore lungo la filiera prevedendo prezzi adeguati a favore dei produttori. Vanno poi valorizzate le aree interne e la dimensione familiare del settore: oltre il 90% delle imprese agricole polesane sono storicamente a conduzione familiare, un presidio sul territorio».
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Il Gazzettino