La custode della biblioteca segreta Agnese, 79 anni, “veglia” 4000 libri

Agnese Someda De Marco nello studio del padre
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MERETO DI TOMBA (Udine) - Ha 79 anni Agnese Someda De Marco. Un sorriso dolcissimo e, dietro ai suoi occhiali da vista, uno sguardo vispo e intelligente, cui non sfugge nulla. Con la sua collana di perle al collo, un leggero trucco e il golfino di lana perché piove, racconta con dovizia di dettagli, con gusto e amore per la memoria, tutto quello che ha scritto il padre, Pietro, quel che ha conservato e tramandato negli anni, durante la sua vita di notaio del paese, ma anche di storico, scrittore, ricercatore, appassionato della sua terra. E della sua casa, Casa Someda De Marco, un complesso di immobili rurali di inizi Settecento, del Medio Friuli, a Mereto di Tomba, che quasi nessuno conosce. Se non chi, in punta di piedi, entra in questa casa solo su invito, o per fare delle ricerche. La dimora, infatti, abitata stabilmente dagli eredi di Pietro, tra cui Agnese, è di fatto diventata un museo, al piano terra.

 

Intatte le sale che usò il lungimirante notaio che «Aveva voluto scrivere sulla porta di ingresso “amici siete i benvenuti, per voi la porta è spalancata” perché era sempre disponibile, non solo per lavoro ma anche per un consiglio, e per stare insieme» racconta Agnese. «Vede, questa è la sua penna, che usava sempre, perché non voleva macchine da scrivere. Qui c’è la sua poesia, l’unica che non è mai stata pubblicata. E poi i timbri, il suo cartone, che metteva sulla scrivania, per non rovinare lo scrittoio in legno». Un collezionista, Pietro: durante la sua vita ha raccolto 3789 libri, dal 1500 fino a quando se n’è andato, il 13 settembre del 1970. Tomi preziosi, molti di diritto, altri classici, la Divina Commedia. «Li abbiamo fatti catalogare e tutto, qui, è vincolato». Una sorta di grande biblioteca “segreta”, privata, ma messa a disposizione di chi fa ricerche. Divisa in 13 sezioni, decora in maniera imponente un delicato studiolo mantenuto intatto, coi suoi mobili dipinti a mano, la poltrona, i quadri, una collezione d’armi, tra cui splendide lame di probabile origine longobarda. E fuori, oltre il grande cortile, dove crescono più di 10 specie diverse di oleandro, un grande parco, lambito da un corso d’acqua, puntellato da piante ornamentali, dalle “viole di Udine”, quelle “doppie”. «Perché mio padre era anche innamorato della natura, dei fiori e degli animali - racconta Agnese mentre apre il cassetto di quello scrittoio pieno di memorie -, e ci ha lasciato tanto. Noi vogliamo condividerlo con il paese che ha sempre amato, il suo Friuli».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino