Aggressioni agli ospedalieri, parla l'infermiere Carmine Sacco: «Di notte capita di tutto, eravamo dieci contro uno»

Carmine Sacco, infermiere al pronto soccorso di Padova e rappresentante Rsu
PADOVA - «Noi lavoriamo in ospedale per salvare la vita delle persone e per garantire loro la miglior assistenza possibile. Non possiamo affrontare un politrauma, un arresto...

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PADOVA - «Noi lavoriamo in ospedale per salvare la vita delle persone e per garantire loro la miglior assistenza possibile. Non possiamo affrontare un politrauma, un arresto cardiaco o un malore con la paura addosso». Sono le parole di Carmine Sacco, 31 anni, infermiere al Pronto soccorso di Padova dal dicembre 2020 e attuale rappresentante Rsu. Il professionista di recente è stato testimone di un'aggressione verbale nei confronti di una collega. «Di notte c'è la stragrande maggioranza dei problemi, visto che spesso la gente è su di giri - spiega -. E purtroppo, proprio in quelle ore, dalle 20 alle 8, non c'è il posto di blocco della polizia. In caso di bisogno chiamiamo la pattuglia, ma in quei cinque minuti rischiamo comunque di essere aggrediti e per di più si blocca l'attività a danni degli altri cittadini».

«Le persone sono inferocite nei nostri confronti»

Una notte il marito di una donna che aveva richiesto le cure dei medici d'emergenza-urgenza, ha iniziato ad offendere un'infermiera perché stanco di aspettare. «Ha inveito contro una mia collega e non mi sono tirato indietro - spiega Sacco - Così ho cercato di difenderla e allontanarla, per evitare il peggio. Non possiamo permetterci di togliere tempo agli altri pazienti per sedare questo tipo di liti, anche perché già soffriamo la carenza di personale nei pronto soccorso. In quel momento sono intervenuti anche gli operatori del servizio trasporti: siamo un gruppo unito, ci diamo una mano. Eravamo in dieci contro uno, per cercare di non far degenerare la situazione e tenere a bada quell'uomo. Poi i carabinieri sono arrivati, ma se fossero stati a due passi da noi sarebbe stata un'altra cosa». Come se non bastasse, l'infermiere è poi dovuto andare in caserma a testimoniare. «Sono episodi che accadono sempre più spesso - racconta il dottor Sacco - le persone sono inferocite nei nostri confronti, quando varcano la soglia del Pronto soccorso tutto è dovuto e c'è poca sensibilità. Non dimentichiamo che la nostra porta è sempre aperta, per tutti, senza discriminazioni. L'amarezza è tanta. Non mancano le minacce e i dispetti. Ad esempio, ci sono gruppi di stranieri che rompono le macchinette del caffè e deturpano gli ambienti e gli arredi se non si risponde con sollecitudine alle loro richieste. La situazione non è delle migliori, la direzione fa già il massimo e il possibile, ma qui serve qualcosa di più».

Personale in fuga

Non c'è da stupirsi se, tra stipendi tirati e poche prospettive, anche il fattore insicurezza pesi sulla scelta di andare a lavorare in un Pronto soccorso. «Per forza medici, infermieri e oss scappano appena possono dalle aree di emergenza-urgenza - ammette l'infermiere - tutto noi abbiamo nel cuore una grande passione e un profondo senso del dovere, ma serve più rispetto per la nostra professione». Da diversi anni, soprattutto nei periodi più freddi, in Azienda ospedaliera clochard trovano giacigli dove passare la notte. Un problema che, di tanto in tanto, si ripropone. «Non di rado troviamo persone nei bagni o nelle aree adiacenti al Pronto soccorso - aggiunge Sacco - non possiamo passare le ore a mandarli via, anche perché non è il nostro compito». I sindacati chiedono che venga concretizzato un piano di prevenzione delle aggressioni, iniziando dal potenziare il presidio delle forze di polizia che in via Giustiniani non è h 24.

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Il Gazzettino