In fuga dai talebani: in arrivo alla base Usa di Aviano un aereo con 400 afghani

L'evacuazione dall'Afghanistan
PORDENONE - È previsto per domani, 23 agosto, intorno a mezzogiorno, l'arrivo ad Aviano dalla Base di Ramstein di circa 400 persone provenienti dall'Afghanistan....

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

PORDENONE - È previsto per domani, 23 agosto, intorno a mezzogiorno, l'arrivo ad Aviano dalla Base di Ramstein di circa 400 persone provenienti dall'Afghanistan. Già definite le misure sanitarie che verranno messe in atto: subito dopo l'arrivo sarà infatti effettuato uno screening sanitario. Una volta effettuati i tamponi, le persone eventualmente positive saranno separate dalle altre. Eventuali persone ferite saranno ricoverate in ospedale a Pordenone, mentre chi necessitasse di terapia intensiva sarà condotto a Udine.

LA QUARANTENA
Una volta completato il periodo di quarantena, i profughi dovrebbero ripartire per gli Usa, anche se su questo non ci sono ancora indicazioni precise. Intanto sono giorni di grande angoscia per numerosi afghani residenti a Pordenone, preoccupati per le sorti delle famiglie rimaste nel Paese d'origine, con le quali riescono a mantenere seppur discontinui contatti. Ad alcuni di loro quei contatti hanno già portato notizie drammatiche, di familiari che hanno perso la vita in questi giorni convulsi del ritiro delle truppe Usa e del ritorno dei talebani. Altri condividono la disperazione di padri, madri e fratelli in cerca di un modo per lasciare il Paese e sfuggire ai talebani, soprattutto in quelle famiglie che hanno la colpa di avere collaborato e intrattenuto rapporti con gli occidentali.

MEDIATORE CULTURALE
La famiglia di Alidad, mediatore culturale che dal 2014 vive a Pordenone, è stata duramente colpita dai lutti: fra i congiunti di sua moglie, sette persone hanno perso la vita nei disordini di questi giorni, mentre i fratelli di Alidad stanno cercando disperatamente di lasciare il Paese. «Mia moglie - spiega - ha perso sette familiari e non riesce a mettersi in contatto con sua madre, che prima sentiva regolarmente. Sta così male che ho dovuto accompagnarla al Pronto soccorso. Non sappiamo esattamente in che modo abbiano perso la vita i nostri familiari, è accaduto mentre i talebani entravano in città. I miei fratelli invece sono arrivati all'aeroporto, ma non riescono a partire: anche lì la situazione è di grande confusione e pericolo. Abbiamo ancora la nostra famiglia in Afghanistan e siamo molto preoccupati per loro». «In questi giorni non siamo riusciti a dormire, stiamo impazzendo»,  racconta invece Nilufa anche lei mediatrice culturale, arrivata in Italia nel 2015 assieme al marito, costretti a fuggire da Herat per le minacce dei talebani a quest'ultimo, che ha lavorato a lungo come interprete per l'Esercito italiano. Anche lui era stato minacciato. Ha fatto tanti sacrifici per venire in Italia, nella speranza di poter poi ottenere il ricongiungimento e mettere in salvo il resto della famiglia. Ma non è stato così, e alla fine è rientrato in Afghanistan, dove vive con la moglie e gli altri figli e figlie. Ma non ci aspettavamo che le cose sarebbero andate così.

I CONTATTI


I contatti con la famiglia rimasta in Afghanistan avvengono ogni quattro-cinque giorni, se internet funziona e i racconti non fanno che aumentare le preoccupazioni di chi li ascolta dall'Italia: Le mie sorelle non possono andare all'università, sono chiuse in casa I talebani cercano nelle case le ragazze sopra i 12 anni non sposate e le portano via per costringerle al matrimonio. Le donne non possono uscire di casa se non per recarsi in ospedale se stanno male. La donna sta cercando disperatamente il modo per mettere in salvo la famiglia, ma per ora le lettere all'Ambasciata nelle quali descriveva la situazione non hanno prodotto risultati: Stiamo morendo, non sappiamo cosa fare, speriamo di poter fare qualcosa per loro. Stanno molto male, è un inferno. Nei prossimi giorni chiederò anche di poter incontrare il sindaco di Pordenone. Al sindaco si rivolge anche la lista Il bene comune, chiedendogli di predisporre un piano per offrire alloggio temporaneo a un centinaio di persone e di organizzare un incontro pubblico con la comunità afghana che vive a Pordenone.
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino