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ROVIGO - La traccia di un furgoncino bianco ha portato i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Adria fino ai tre ragazzi, ora ai domiciliari con l’accusa di tentato omicidio plurimo: Nicolò Siviero, 22 anni, di Porto Viro, Thomas Marangon, 21 anni, di Taglio di Po, e Cristian Tuttolomondo 22 anni fra pochi giorni, di Loreo. Dopo lo scoppio dell’ordigno artigianale piazzato sul portone del palazzo di via Dogana 20 di Borgo Fiorito, a Cavanella Po, le indagini sono andate avanti serrate senza escludere alcuna ipotesi. Decisive le videocamere di sorveglianza, che hanno ripreso il furgone in tutto il suo percorso. Inutile il fatto che i ragazzi avessero coperto la targa nell’ultimo tratto, sulla strada arginale. Il furgone era intestato a uno dei tre, quindi la traccia da seguire si è fatta concreta per gli investigatori dell’Arma. Che con ore e ore di ascolto di intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno ricostruito l’accaduto. In particolare, il fatto di aver convocato in caserma uno dei tre il 3 agosto «per riferire di fatti avvenuti il 31 marzo in una frazione di Adria», ha visto il giovane andare in fibrillazione. Insieme alla fidanzata ha pensato a tutte le ipotesi ed è stata lei, poi, a chiamare il carabiniere, a sua volta indagato, anche se da quello che risulta, il militare si sarebbe limitato a dirle di non preoccuparsi e che non risultava nulla. In quel momento, invece, i militari erano in ascolto e stavano chiudendo il cerchio.
L’ESPLOSIVO
Sempre dalle intercettazioni emerge anche la via di approvvigionamento dell’esplosivo: un negozio di Chioggia che vende razzi e artifici pirotecnici, dal quale si riforniva anche un ulteriore giovane, anche lui indagato. Non a caso, dalle analisi dei Ris sui resti trovati a Cavanella Po è emerso che l’esplosivo era «una miscela di tipo pirotecnico a base di perclorato di potassio, polvere nera ed alluminio». Fra l’altro oltre all’esplosione di Cavanella e alle tre al Villaggio Tizè di Rosolina, dalle conversazioni fra i ragazzi emerge anche un altro episodio, la notte fra 1 e 2 agosto, vicino alla piscina di Porto Viro. Tre “petardoni”, uno dei quali messo sotto a un cono dei lavori stradali. Per divertimento. Con il gruppo di ragazzi, due dei quali gli stessi dell’episodio di Cavanella, che ridono e dicono: «Che botto!». Un episodio che non rientra fra quelli contestati. Eppure l’esplosivo c’era comunque. Nulla però che lo potesse mettere in relazione con ipotesi xenofobe: solo incoscienza. Fra l’altro i tre ragazzi non risultano attivisti o militanti politici, né iscritti a partiti o movimenti.
Tuttavia, la bomba messa a Cavanella resta un episodio gravissimo.
UNA VOCE IN REGIONE
Sulla vicenda interviene anche, voce per il momento abbastanza isolata, il consigliere regionale Arturo Lorenzoni. «Di fronte a episodi così gravi non possiamo voltarci dall’altra parte. Esprimo una forte condanna per quanto avvenuto, segno di un clima sempre più ostile nei confronti di chi arriva da una cultura diversa. L’immigrazione non è un’emergenza, ma un fenomeno strutturale cui siamo chiamati a dare risposte che in primo luogo, mettano al centro ogni singola persona costretta a scappare, per svariati motivi, dal proprio Paese. Alzare muri o peggio ancora, scagliarsi contro di loro non è certo una soluzione. Serve, piuttosto, costruire un percorso che porti a un’accoglienza sostenibile. Oltre che per motivi umanitari, si pensi a quanto il Veneto abbia necessità di manodopera in tutti i comparti, dall’industria all’agricoltura». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino