Adria. Pista di Ca' Cima circondata da acque putride: l'allarme lanciato dal foto-ambientalista

La foto-denuncia
ADRIA - Acque putride a Ca' Cima. A lanciare l'allarme è il fotografo ambientalista Antonio Franzoso. Dopo aver spronato, con i suoi scatti e le sue denunce la...

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ADRIA - Acque putride a Ca' Cima. A lanciare l'allarme è il fotografo ambientalista Antonio Franzoso. Dopo aver spronato, con i suoi scatti e le sue denunce la risoluzione del problema delle porte vinciane ad ovest della città, si è rivolto al canale di Ca' Cima, zona Coop, area frequentata dalle famiglie per passeggiate all'aria aperta, sfruttando la presenza della pista intitolata a Renzo Barbujani che raccorda l'area con l'ostello Amolara. «Si tratta - sottolinea Franzoso - di una zona molto apprezzata e frequentata. Il canale, secondo il mio punto di vista, è mal gestito dal Consorzio di bonifica, nonostante le richieste di far circolare maggiormente le acque e rendere il sito più vivibile. Qui un tempo trovavi tartarughe, pesci e rane, ora non ci sono più. La situazione è vergognosa».

PARCO ARCHEOLOGICO

Il fotografo-ambientalista ricorda che il percorso ciclopedonale è inserito in una rete archeologica e che in zona - interessata da ritrovamenti di tombe romane e preromane - avrebbe dovuto nascere il Parco archeologico di Adria, una delle grandi idee di valorizzazione mai decollate. Era stato presentato il progetto di un padiglione espositivo che conteneva i reperti originali di due gruppi di tombe etrusche provenienti da scavi in ​​loco. L'intento era quello di riportare alla luce questo patrimonio composito, attraverso una rete di percorsi e punti singolari. Di più, si immaginava un percorso che dal centro della città, toccando il Museo archeologico nazionale e la basilica della Tomba, passasse per il parco di Ca' Cima, attrezzato con il nuovo polo museale, per giungere, infine, al Museo della bonifica. La disposizione planimetrica delle tombe, così come rinvenute, gli avrebbe fatto assumere una forma allungata verso est-ovest, con due grandi aperture: ad est l'ingresso e ad ovest l'inquadramento prospettico del parco e del verde. Esternamente il padiglione avrebbe dovuto essere rivestito di lastre di acciaio per conferire alla struttura un colore scuro come la terra, formando l'immagine di un oggetto emerso dal terreno, che "custodiva" dei tesori.

La strategia espositiva prevedeva, inoltre, visioni su due livelli: uno più immediato con visione degli oggetti attraverso grandi vetrate; il secondo con visione diretta all'interno. Il padiglione, infine, avrebbe dovuto infondere un senso di raccoglimento consono ad un pezzo della "città dei morti", riportato alla luce. Il costo complessivo dell'operazione si sarebbe dovuto aggirare sul milione e 350mila euro.

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Il Gazzettino