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ROVIGO - Sono 184 le persone che da fine luglio non percepiscono più il reddito di cittadinanza in provincia di Rovigo. Dal mese scorso, infatti, a un’ampia platea di beneficiari è stata revocata l’erogazione del reddito di cittadinanza (RdC). Sono i cosiddetti “occupabili”: persone nei cui nuclei familiari non è presente un minore o un disabile o una persona - compreso lo stesso percettore - con oltre 60 anni d’età o che sia già stata presa formalmente in carico dai servizi sociali per la propria fragile condizione sociale. In Polesine, per l’appunto, si tratta al momento di 184 persone. Numero che certo salirà dato che la nuova norma parla di 7 mesi massimo di possibilità di percepire il RdC nel 2023 per questa categoria di persone; pertanto chi avesse iniziato a percepirlo a febbraio ne potrà godere fino ad agosto e così via ma sempre non oltre dicembre 2023. Nel Padovano, ad esempio, si tratta di 426 persone, tenendo conto però della più ampia popolazione di tale provincia rispetto al Polesine.
STRUMENTO CONTESTATO
«Certamente il Reddito di Cittadinanza era uno strumento che andava rivisto in alcune sue parti per poterlo migliorare, come da tempo suggerivamo, anche come organizzazioni sindacali - precisa Pieralberto Colombo, segretario generale Cgil Rovigo -, ma l’eliminazione apportata ora e la sua sostituzione con il “supporto per la formazione e il lavoro” per i cosiddetti occupabili e “l’assegno d’inclusione” da gennaio 2024 per gli altri soggetti appare una misura sbagliata, tesa solo a recuperare risorse da destinare ad altri capitoli e portatrice di ulteriori diseguaglianze sociali. Ciò avviene quando si affrontano le questioni per calcoli di consenso elettorale».
Si è partiti sostenendo che il RdC aveva consentito a pochissimi di trovare lavoro. «Andrebbe verificato con oggettività quanti dei percettori dell’attuale RdC siano davvero occupabili nel nostro mercato del lavoro - precisa Colombo - È certamente necessario rendere più efficaci le politiche attive del lavoro, privilegiando i Centri pubblici, a partire dalle lavoratrici e lavoratori che necessitano di essere accompagnati nelle loro transizioni lavorative frutto dei tanti cambiamenti attuali e futuri del mondo del lavoro».
I DATI INPS
Secondo i dati Inps, grazie al RdC è aumentato di circa il 20% il reddito del 20% più povero della popolazione che doveva spendere quanto versato nella propria card RdC entro sei mesi dal percepimento, con quindi una propensione marginale al consumo del 100%. «La progressiva eliminazione del RdC e la sua sostituzione con le altre misure parziali e con minori risorse economiche a disposizione rischiano di aumentare i disagi sociali e di lasciare di fatto da sole molte persone ad affrontare la propria condizione di povertà - continua Colombo -.
COMUNI IN DIFFICOLTÀ
Allo stato attuale moltissimi Comuni presentano forti carenze d’organico anche nei servizi sociali che rendono quasi impossibile dare una risposta rapida alla condizione di difficoltà delle persone. «Ciò è avvenuto negli anni per i molti tagli alle risorse che hanno colpito gli Enti locali, con il relativo personale - aggiunge Colombo-. Si pensi alla condizione di molti Comuni medio-piccoli polesani che già soffrono dello spopolamento, con assistenti sociali a ore a scavalco tra più comuni e che spesso hanno dovuto esternalizzare tale servizio a cooperative o società esterne, con frequenti turn over di personale».
Un sistema complessivo quindi da cambiare, «come abbiamo già proposto al Governo, affrontando la complicata questione del contrasto vero alla povertà e alle diseguaglianze non da posizioni ideologiche e strumentali. Anche per questo proponiamo da tempo di eliminare le forme più precarie di lavoro e che invece l’attuale Governo ha finito per ampliare. Anche per tali motivi la nostra mobilitazione continuerà in autunno.
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