BORGORICCO - La realtà, s'usa dire, a volte supera la fantasia. La vita di Ettore Da Col, spentosi qualche giorno fa all'età di 97 anni nella sua abitazione...
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All'appuntamento con la storia era arrivato dopo due anni di marcia nel deserto, ingoiando sabbia e dribblando le pallottole degli Alleati, con la gola arsa e già tanti, troppi commilitoni della 32esima brigata corazzata Ariete da piangere. La morte, quel 4 novembre 1942, dodicesimo e ultimo giorno di una battaglia che segnerà le sorti della Seconda Guerra Mondiale, lo sfiorò ripetutamente, mentre, rannicchiato sulla spiaggia, cercava di esorcizzare la paura, il rombo incessante dei cannoni, il lamento dei feriti. Poi, quando il silenzio calò, con i pochi compagni superstiti, fuggì. Nelle stesse ore Erwin Rommel, comandante dell'Africa Korps, certificherà con uno scarno comunicato quanto accaduto: «La divisione italiana Ariete non esiste più. Si è immolata per tenere le posizioni».
A Bolzano arrivò di notte, e non c'era mezzo che lo portasse fino a Languedoc, un paesino dove i suoi genitori si erano nel frattempo trasferiti. Stanco e disorientato, incrociò solo l'autista di un'ambulanza. «Ti porto io a casa, a rivedere i tuoi vecchi», gli disse. Alle quattro del mattino, dopo sei anni e mezzo e 3.500 chilometri di deserto sulle gambe, riabbracciò i genitori. «Non avevo nulla, né un vestito né un lavoro. Ma ero vivo».
Il Gazzettino