Acciaierie Venete, dopo la tragedia cassa integrazione per 350 dipendenti

Acciaierie Venete, dopo la tragedia cassa integrazione per 350 dipendenti
PADOVA - Ore e ore di trattativa fino a sera tarda. Senza però spostare di un niente le posizioni, con i vertici di Acciaierie Venete che hanno ascoltato, discusso,...

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PADOVA - Ore e ore di trattativa fino a sera tarda. Senza però spostare di un niente le posizioni, con i vertici di Acciaierie Venete che hanno ascoltato, discusso, vagliato le proposte dei sindacalisti della Fiom Cgil, per poi imboccare il solco che già avevano tracciato. Cassa integrazione era stata decisa, e cassa integrazione sarà per i 350 dipendenti dello stabilimento di riviera Francia delle Acciaierie Venete, teatro, domenica 13 maggio, di un incidente sul lavoro che ha ridotto in fin di vita due operai, travolti da una bolla di calore e dagli schizzi di novanta tonnellate di acciaio fuso contenuti in una siviera e precipitati a terra per la rottura di un perno che doveva reggere il contenitore e che invece si è spezzato.


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CUORE STRATEGICO
Un incidente che ha portato al sequestro, da parte della magistratura, dell'impianto di riviera Francia, vero e proprio cuore strategico dell'intera produzione di Acciaierie Venete: in pratica è lì che l'acciaio viene fuso a temperature che superano i 1700 gradi. E con il capannone sequestrato è impossibile continuare a lavorare, dal momento che non ci sono state risposte alla richiesta di dissequestro inoltrata da Acciaierie dopo l'incidente. «Nonostante non fossimo d'accordo e nonostante avessimo già detto in maniera chiara che noi la cassa integrazione non la vogliamo, per non pesare sugli enti sociali spiega Loris Scarpa, segretario generale della Fiom di Padova l'azienda è andata dritta per la propria strada, annunciando l'inizio della cassa integrazione per la totalità dei dipendenti dello stabilimento di riviera Francia, si tratta di 350 persone».
 

SETTE INDAGATI
La cassa integrazione, ha fatto sapere l'azienda ai sindacati, comincerà a partire dal giorno del sequestro, ovvero da domenica 13 maggio, quando la produzione si è fermata per permettere agli inquirenti di cristallizzare la scena e dare il via alle indagini di rito, quelle che hanno portato all'iscrizione nel registro degli indagati di sette persone, tra cui Alessandro Banzato (proprietario delle Acciaierie) e i vertici della ditta Danieli (costruttrice del peRno che ha ceduto causando l'incidente) per il reato di lesioni colpose. «Ora dovrà decidere l'Inps se concedere o no la cassa integrazione continua Scarpa - Noi venerdì avremo un incontro con i lavoratori per informarli di quanto deciso dall'azienda. Dal canto nostro era chiaro come non fossimo favorevoli a questo tipo di provvedimento fin da subito. L'azienda però ha fatto quanto poteva, cioè ha deciso di andare avanti per la propria strada, anche di fronte al dissenso dei sindacati».

LA QUESTIONE SICUREZZA

Tutto questo nonostante una trattativa tanto lunga quanto dura, iniziata verso le cinque di pomeriggio e conclusa bel oltre le dieci di sera. Un faccia a faccia in cui la Fiom ha ribadito il proprio punto di vista. Un dissenso che verrà manifestato nei prossimi giorni anche dalle altre organizzazioni sindacali come Fim Cisl e Uilm, non presenti in azienda con rappresentanze sindacali interne. «Fin da subito come Fim Cisl abbiamo detto che colpevoli e responsabilità che vanno individuati e come Fim Cisl avremmo chiesto l'applicazione di quello che dice il contratto, come fatto dai nostri colleghi, ovvero che non si va in cassa integrazione se non c'è sicurezza commenta Andrea Bonato, operatore sindacale Fim Cisl Mettere mano alla sicurezza interna ad una fabbrica, è un compito che spetta all'azienda e se non c'è sicurezza si è a disposizione dell'azienda. Come sindacato, forse, avremmo dovuto lavorare di più tra i lavoratori e all'interno dell'azienda. Pretendiamo un revamping dell'azienda: se si vuole fare acciaio, lo si faccia in maniera sicura». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino