Padova. Acciaierie Venete, l'area dell'esplosione è stata dissequestrata: ora la Procura detta le regole per la sicurezza

La recente esplosione alle Acciaierie Venete
PADOVA - L’area del capannone di Acciaierie Venete, dove all’ora di pranzo del 27 ottobre quattro operai sono rimasti feriti a seguito di una esplosione, è...

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PADOVA - L’area del capannone di Acciaierie Venete, dove all’ora di pranzo del 27 ottobre quattro operai sono rimasti feriti a seguito di una esplosione, è stata dissequestrata.


La produzione dello stabilimento, di fatto ferma da tre settimana, ha ripreso nel tardo pomeriggio di sabato scorso. L’azienda, così come indicato dalla Procura, ha dovuto mettere in sicurezza la zona investita dalla potente deflagrazione. Intanto resta ricoverato in terapia intensiva il dipendente bosniaco di 49 anni.

LE INDAGINI

Il pubblico ministero Marco Brusegan, titolare del fascicolo, dopo avere effettuato mercoledì e giovedì scorsi un sopralluogo insieme al consulente tecnico l’ingegnere Giuseppe Cardillo nell’area dell’incidente, ha dettato ad Acciaierie Venete di proprietà di Alessandro Banzato quali migliorie era necessario apportare per aumentare la sicurezza sul lavoro e quindi procedere al dissequestro. L’azienda, tra venerdì e sabato notte ha installato alcune gabbie armate. 

In sostanza delle barriere, vicino al pozzetto di contenimento pieno d’acqua, per evitare che delle lingue di materiale fuso tocchino ancora l’acqua e provochino delle esplosioni. Alle 16 di sabato pomeriggio l’ingegnere Cardillo ha assistito al travaso di acciaio fuso a 1.600 gradi da un contenitore sospeso a uno a terra, e constatata l’esatta procedura ha avvisato la Procura di procedere con il dissequestro. Acciaierie Venete hanno anche apportato ulteriori cambiamenti per rendere ancora più elevata la sicurezza sul luogo di lavoro.

GLI INDAGATI

Gli iscritti nel registro degli indagati sono tre: la società, il direttore dello stabilimento Christian Frelich e l’operaio Valter Lionello. L’accusa è di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Il dipendente, secondo l’accusa, quel giorno attraverso un joystick stava guidando un enorme contenitore sospeso con all’interno acciaio fuso a 1.600 gradi. 

Il suo lavoro consiste nello svuotare il cassone e riempirne un altro a terra al massimo fino all’80 per cento della sua capacità. Ma venerdì 27 ottobre avrebbe commesso un errore nella manovra e avrebbe versato una maggiore quantità di metallo fuso del previsto, tanto da provocarne la fuoriuscita. La materia incandescente è precipitata nel pozzetto dove era presente troppa acqua. 
La reazione caldo-freddo ha di fatto creato un effetto-ordigno. L’acqua, in quel punto, avrebbe dovuto essere alta pochi centimetri e doveva essere utilizzata solo per spegnere le scintille.

IN OSPEDALE

Le condizioni dell’operaio bosniaco restano stazionarie. Ricoverato in terapia intensiva è ancora intubato. Presenta ustioni di terzo grado nel trenta per cento del corpo. È costantemente seguito dall’equipe del reparto Grandi Ustionati dell’Azienda ospedaliera di Padova. 


Oltre alle ustioni ha subito diverse fratture, a causa dell’onda d’urto che lo ha travolto. I medici sono preoccupati in particolare per il potente colpo al capo, rimediato nell’impatto con il terreno dopo essere stato spazzato via dall’esplosione. In questi giorni è stato sottoposto a un intervento nel reparto di Ortopedia per ridurre una delle fratture. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino