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BORGO VALBELLUNA - La vertenza Acc continua tenere accesa la protesta. Ieri le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Cigl hanno scritto al Ministero dello sviluppo economico chiedendo la convocazione di un tavolo Italcomp. La mancanza di liquidità ad Acc, che rischia di portare alla chiusura già dal 2 giugno, resta il perno sui cui ruota anche Italcomp. Il caso Acc è da anni sui tavoli dell’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan.
Assessore, che lettura dà del cambio di rotta del Ministero sulla promessa accelerazione dei fondi del Dl Sostegni, poi rimossa?
«Quello che accade all’interno di un Ministero è di un Ministero, quello che deve accadere è la massima concentrazione su cosa fare per salvare Acc. Tra le cose che non hanno funzionato c’è certamente il fattore tempo che ha indubbiamente indebolito la strategia messa in campo dal territorio».
I sindacati hanno scritto a Draghi chiedendo che la vertenza venga gestita direttamente dalla Presidenza del Consiglio. Perdita di fiducia nel Mise?
«No, ma certamente una maggiore responsabilità di Draghi in virtù del sempre sottolineato rapporto diretto e della sua autorevolezza nei confronti dei decisori europei. È questo il momento di far fruttare tutta la sua credibilità.
Mercoledì 12 i lavoratori saranno sotto palazzo Balbi, li riceverà?
«Certamente, non ho mai mancato ad una riunione. Sono stata proprio io a volere la costituzione di un Comitato di Sorveglianza Socio-Istituzionale, una novità nel panorama della gestione delle crisi, che si è rivelato efficace nelle relazioni con la proprietà cinese e nei riguardi delle scelte del Ministero. Ritengo Acc un’azienda strategica per il settore dell’elettrodomestico per l’Europa, settore che sta trovando una nuova stagione di sviluppo».
Come pensa di muoversi la Regione?
«Il Governo deve indicare la strategia, che deve essere poi supportata in modo coerente dalle Regioni. Ricordo che oggi l’azienda, grazie alle escelte coraggiose del commissario Castro, cresce del 40,7% nella produzione dei compressori, del 53,3% delle vendite ed i ricavi sono stati di oltre 16 milioni di euro, più 55,3% in termini di fatturato. Si può chiudere una azienda che ha questi numeri? Io, purtroppo, sto gestendo aziende che non hanno alcuna commessa con lavoratori in cassa integrazione a zero ore o che hanno ridotto del 70% la produzione».
Giorgetti parla di modello Corneliani per avviare il progetto Italcomp, ma gli imprenditori privati non si trovano!
«L’assetto societario di Italcomp verrà affrontato a tempo debito. In ogni caso, passata la fase di avvio e consolidamento, non oltre i 5 anni, Italcomp dovrà divenire interamente privata. La sostenibilità industriale del progetto è, dunque, la nostra stella polare. È bene, però, ribadire che non c’è Italcomp senza il salvataggio di Acc.
Lei ha tenuto i rapporti con le banche, che orientamento avevano?
«Non più tardi di sei mesi fa gli istituti di credito, in previsione dell’attivazione della garanzia statale della legge Prodi bis, avevano valutato credibile il progetto di rilancio industriale di Acc e avevano ipotizzato anche il sostegno finanziario di oltre 12 milioni di euro. La clessidra ha esaurito il suo tempo. Serve ora un intervento di Draghi in Europa e con le banche». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino