Farah è nella casa dell'ambasciatore Alfano posta la foto: presto a Verona

Farah nella residenza dell'ambasciatore italiano a Islamabad (foto dal profilo Twitter del ministro Alfano)
VERONA - Farah, la giovane pakistana residente a Verona, portata con l'inganno dalla famiglia in patria e fatta abortire, è stata liberata da chi la stava...

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VERONA - Farah, la giovane pakistana residente a Verona, portata con l'inganno dalla famiglia in patria e fatta abortire, è stata liberata da chi la stava trattenendo ed è ora al sicuro, nella residenza dell'ambasciatore italiano a Islamabad. Potrebbe tornare in Italia lunedì o martedì. 

La ragazza è stata liberata venerdì nella zona di Islamabad grazie a un intervento delle forze di polizia pakistane. La notizia era stata confermata venerdì sera su Twitter dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano:  «Farah è stata rintracciata in Pakistan ed è al sicuro. La Farnesina con l'Ambasciata a Islamabad segue il caso da vicino e si adopera per facilitare il ritorno a Verona». Ora lo stesso Alfano ha aggiunto su Twitter postando anche una foto di Farah con alle spalle la bandiera italiana e quella europea che
«lavoriamo per farla partire per l'Italia lunedì o martedì».

Giovedì pomeriggio era riuscita a inviare l'ultimo messaggio al fidanzato di Verona la ragazza pakistana di 19 anni condotta con l'inganno in patria dalla famiglia e qui costretta ad abortire. Anche il ragazzo è di origini pakistane, ma è stato adottato da una famiglia veronese ed è cittadino italiano. 

IL CASO CHE HA SCOSSO L'ITALIA Pakistana incinta del fidanzato italiano riportata in patria e costretta ad abortire

Farah aveva inviato anche a una compagna di classe un messaggio audio via WhatsApp, in cui ha raccontato di essersi fidata dei genitori tornando in patria e di essere stata tenuta legata per otto ore prima di abortire.

La famiglia di Farah vive a Verona dal 2008; il padre, proprietario di un negozio in città, era stato denunciato per maltrattamenti. A settembre la studentessa si era rivolta ai servizi sociali del Comune, che per qualche tempo l'aveva ospitata in una struttura del "Progetto Petra". Poi a gennaio la svolta, con la ragazza che aveva abbandonato la casa protetta, dicendo di essersi riconciliata con i genitori. Ma non era così.
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Il Gazzettino