Liberazione al Ghetto, in piazza festa di San Marco: il giorno del Bòcolo

Liberazione al Ghetto, in piazza festa di San Marco: il giorno del Bòcolo
VENEZIA - A Venezia il 25 aprile è una festa doppia: oltre a commemorare la Liberazione, come nel resto d'Italia, è il giorno di San Marco, patrono della...

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VENEZIA - A Venezia il 25 aprile è una festa doppia: oltre a commemorare la Liberazione, come nel resto d'Italia, è il giorno di San Marco, patrono della città e della Serenissima Repubblica, nella quale il 25 aprile era festa nazionale da oltre mille anni.

 
 

Storia recente e storia antica si fondono: al Ghetto la cerimonia per la Liberazione, in piazza San Marco la festa di San Marco, con la Messa solenne celebrata dal Patriarca, Francesco Moraglia, il concerto - unico al mondo - delle nove storiche campane di San Marco a mezzogiorno, e la presenza di innumerevoli bandiere della Serenissima ad opera degli indipendentisti veneti, con parata dei corpi militari della Serenissima. E su tutto, naturalmente, la tradizione veneziana del Bòcolo, il bocciuolo di rosa rossa che gli uomini offrono alle donne il 25 aprile.

IL SINDACO
Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, è stato presente a entrambi gli appuntamenti veneziani del 25 aprile: sia al Ghetto che in San Marco. «La presenza in questo campo degli studenti del Benedetti-Tommaseo e della banda di Pellestrina - ha detto Brugnaro - è la dimostrazione di come, dopo 74 anni dalla caduta del regime nazifascista, il 25 aprile non sia una ricorrenza da rinchiudere nei libri di storia, ma debba essere l'occasione per interrogarci sull'importanza che assume, anno dopo anno, generazione dopo generazione, la difesa della libertà». Alla cerimonia hanno partecipato il prefetto Vittorio Zappalorto e il questore Maurizio Masciopinto, oltre ai rappresentanti delle autorità civili e militari cittadine. A seguire si è tenuto il tradizionale «Percorso della Memoria» accompagnato dal coro «25 Aprile» lungo il sestiere di Cannaregio. La conclusione del percorso è avvenuta in campo del Ghetto Novo, con la festa della Liberazione e le letture degli studenti dell'istituto superiore Benedetti-Tommaseo di Venezia, che hanno recitato alcune biografie di partigiani e di persone comuni che con i loro sacrifici sono diventati «simbolo» del 25 aprile, e l'esibizione della banda musicale di Pellestrina, che ha suonato l'inno di Mameli durante l'alzabandiera. Dopodiché i discorsi ufficiali del presidente della Comunità ebraica di Venezia, Paolo Gnignati, del presidente emerito dell'Anpi, Carlo Smuraglia, e del sindaco Luigi Brugnaro. L'Anpi ha quindi fatto sapere, in una nota, che: «Il 25 aprile è la festa di tutte le italiane e di tutti gli italiani. Delle loro radici e del loro futuro. Ricordiamo i combattenti per la libertà, i loro sogni di democrazia, uguaglianza e felicità, il portare avanti con coraggio e tenacia la loro speranza di un Paese civile, giusto, solidale».

 
LA TRADIZIONE
La tradizione del Bòcolo, nata a Venezia, si sta diffondendo anche in Terraferma, dove però viene spesso banalizzata come un omaggio che gli innamorati fanno alle loro donne. In realtà la tradizione veneziana del bòcolo non è un omaggio all'amata, ma un omaggio a tutte le donne, all'elemento femminile in sè, che porta gioia e vita e bellezza e passione nella vita di tutti. Il Bòcolo non si deve soltanto alla donna amata, ma anche all'amica, alla mamma, alla nonna, alla figlia (finché della bisogna non s'incarichi qualche moroso), alla compagna di scuola o di lavoro, alla donna con la quale, per qualsiasi motivo, anche di lavoro, si abbia appuntamento il 25 d'aprile. A Venezia, nessuna donna deve restare senza bòcolo il giorno di San Marco.


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Il Gazzettino