BRUXELLES – Troppi morti, in particolare giovani. Troppo traffico, in particolare nelle città. Con un approccio a “tre P” ed uno slogan non ufficiale che...
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Sempre uno di troppo per Toyota, soprattutto perché le vittime sono in gran parte giovani (oltre un terzo, sempre sulla base dei dati d'Oltreoceano). «Vogliamo creare un'auto che non sia mai responsabile di un incidente indipendentemente da chi guida», sintetizza Gill Pratt, Ceo dell'istituto di ricerca del colosso nipponico, TRI. Il centro è stato fondato nel gennaio del 2016 con una dotazione di un miliardo di dollari. La multinazionale dell'intelligenza artificiale applicata alla mobilità occupa duecento “cervelloni” che l'anno prossimo saliranno a trecento.
La logica delle “tre P” parte dalla percezione, prosegue con la previsione e si conclude con la pianificazione. Tutto in tempi rapidissimi, è ovvio. Toyota rivendica il diverso approccio al futuro della mobilità sicura (inclusa l'accuratezza delle comunicazioni con le infrastrutture) puntando non solo sulla guida pilotata (modello chaffeuer), ma anche a quella assistita (guardian). L'obiettivo è raggiungere più velocemente il traguardo della riduzione dei sinistri e lasciare a chi sta al volante un minimo di emozione. Insomma: una formula ibrida, come quella dei motori della quale Toyota è leader mondiale e grazie alla quale i volumi crescono in maniera significativa anche in Italia. Nel Belpaese la gamma Lexus è sempre stata totalmente ibrida.
Quello che servono sono i test. Secondo una accreditata ricerca, per garantire la maggiore affidabilità di un veicolo autopilotato servono almeno 8,8 miliardi di miglia. Impossibile realizzare tutti i test su strada: milioni vengono eseguiti da collaudatori professionisti e altri milioni sono frutto dell'elaborazione dei dati raccolti dalle macchine già in circolazione. Ma la gran parte sono simulazioni. Per questo i tempi del domani senza incidenti potrebbero essere piuttosto rapidi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino