Porsche, il “dopo” della prova esclusiva della 99X Electric. La monoposto senza un graffio di nuovo ai box

I partecipanti al tracktest di Maiorca
PALMA DE MALLORCA – Paradossalmente è piacevole perfino rientrare ai box, perché c'è il solito meccanico che esegue gli stessi abituali gesti di...

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PALMA DE MALLORCA – Paradossalmente è piacevole perfino rientrare ai box, perché c'è il solito meccanico che esegue gli stessi abituali gesti di quando la monoposto di Formula E Porsche 99X Electric è impegnata in gara. Solo che al volante non c'è un pilota vero. Che deve ricordarsi di armeggiare ad una delle leve a fianco del volante, quella che “addormenta” il bolide a zero emissioni che fino qualche istante prima ha sibilato in pista. Da sotto il casco, adesso, si torna anche ad apprezzare il panorama: la costa frastagliata, il mare, la luce del sole che arriva alla spalle.

Il personale della scuderia provvede velocemente a “rilasciare” il prigioniero dell'abitacolo, che scorda di avere ancora l'Hans attaccato al casco e non riesce ancora a muoversi. Poi deve saltare fuori dall'abitacolo, possibilmente in maniera agile (ci sono telecamere e fotografi), ma sempre prudente. La seconda azione riesce, la prima non alla perfezione. Questa volta, senza casco, le voci giungono nitidamente: «Tutto bene?». La risposta vera è: «Si può riprovare?». Quella che invece ascoltano gli astanti è: «Assolutamente sì. La macchina è nelle stesse condizioni in cui era stata consegnata sette giri fa». Il cronista si chiede poi chi sia più pazzo: lui che ha accettato, a quasi sessant'anni, di mettersi per la prima volta al volante di un simile bolide, o l'azzardo della scuderia che glielo ha affidato.

È il momento dei ringraziamenti, non tanto per i risultati (un eufemismo), quanto per l'esperienza, fatta vivere con serietà e allo stesso tempo con leggerezza. Quello del pilota è un lavoro indubbiamente bello e suggestivo, ma meno “romantico” di quanto appaia e sicuramente più impegnativo di quanto non si pensi. Certo, lavorare in miniera o nella corsia di un ospedale è un'altra cosa. Resta un'ultima cosa da fare, la più temuta, soprattutto adesso che la monoposto Porsche è ferma e integra ai box a disposizione degli altri tre colleghi che la devono guidare (i restanti si mettono al volante di quella impiegata abitualmente da André Lotterer).

Si tratta di un passaggio quasi “formale”, da raccontare ad amici e conoscenti. L'uomo dei dati ha sempre in mano il computer: «La velocità?». Ci vuole qualche attimo e poi la recupera: 154 km/h. Poco meno della metà del massimo dichiarato (280 orari con i 340 cavalli di potenza dell'Attack Mode), verosimilmente impossibile da arggiungere perché quello dell'Attack Mode era uno dei tasti da non toccare. Il cronista serio avrebbe provveduto a chiedere anche i riscontri degli altri partecipanti all'evento, ma come si sottolinea in occasione delle verifiche, «è un dato che non fa testo». Per questa volta bene così. Il più giovane collega norvegese con esperienze da pilota in gara ha sicuramente toccato la soglia dei 200. Pazienza. È stato bellissimo lo stesso.

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Il Gazzettino